Londra, 1961. Jenny Miller (Carey Mulligan, splendida) è una bella e brillante sedicenne. A scuola va benissimo, è la più brava della classe e coltiva con cura un fragrante spirito ribelle. Jenny proviene da un’onesta famiglia piccolo (piccolo) borghese e i suoi genitori, per lei, hanno pianificato il futuro: andrà ad Oxford. La ragazzina in effetti ha tutte le carte in regola per l’agognata promozione sociale. Non solo spicca in classe, ma legge Camus, ascolta Juliette Greco, ama la pittura. È un’adolescente colta e incantevole.

Sarà per questo che nel suo cammino incontra David (Peter Sarsgaard), un uomo molto più grande di lei. E molto affascinante. E molto ricco. Non si capisce bene cosa faccia per vivere, David. Ma con lui Jenny scopre che quello che ha letto nei libri e provato ascoltando Jacques Brel esiste nella realtà. Jenny incontra la libertà, conosce le sensazioni forti, il desiderio e la passione dopo anni di noia e di educazione post-vittoriana. Non solo l’amore tra i due scatta immediato. Ma, vero colpo di scena, i genitori di Jenny acconsentono alla loro relazione. Addirittura la incoraggiano. Tanto che i piani preventivati verranno messi in discussione. Del resto, i Miller hanno come obiettivo quello di dare alla figlia un futuro più agiato: a che serve studiare se per il riscatto sociale basta un buon marito?

Il tema di An education è molto invitante. Le scene in cui Jenny si confronta con la preside (Emma Thompson) e la professoressa di lettere del suo collegio femminile sono quelle in cui vengono poste le domande clou: perché bisogna laurearsi a Oxford? Per finire a correggere temi di adolescenti svogliati, in una classe della periferia londinese? Perché fare versioni di latino quando poi, per avere un futuro, conta essere belle e trovare un uomo con i soldi? Se si è colti, si è felici? O il sapere è la via maestra verso l’isolamento e la tristezza? La morale del film confuta questi dubbi. Ma l’aspetto davvero attraente di An education è confrontare quell’ambientazione (1961) con il presente. Quelli erano gli anni in cui le donne mettevano piede sul serio nella società degli uomini. Gli anni in cui il riscatto di genere e di classe, se si era bravi, era possibile.

Anni in cui una ragazza meravigliosa come Jenny ce la poteva fare. Perché aveva mille qualità. Sensibilità e cultura da vendere. E poco importa se veniva da una famiglia umile: per lei Oxford e una professione intellettuale non erano precluse. Infatti, il film è tratto dal racconto autobiografico di Lynn Barber, affermata giornalista che ha lavorato a lungo al The Observer. Ma è ancora valida, quella morale, 50 anni dopo? O forse se An education fosse ambientato oggi avrebbe un finale differente?

Forse i dubbi di Jenny oggi sarebbero legittimi. Che senso ha, nel 2010, istruirsi? Non è meglio, come qualcuno ha anche suggerito in televisione (ma in Italia), sposare un uomo ricco? An education è interessante proprio perché distante. È bello perché ci consente di vedere le differenze tra la storia di Jenny Miller all’inizio dell’età dell’oro del Novecento e la storia di una ipotetica Jenny di oggi. Le consiglieremmo ancora di andare a studiare? Quanto è arretrato il ruolo della donna rispetto ad allora? Che posto ha la cultura nella società dello spettacolo e della vacuità? Una Jenny Miller avrebbe le stesse great expectations? O forse assomiglierebbe di più a Charlotte Simmons, la protagonista dell’ultimo romanzo di Tom Wolfe, che arrivata in una prestigiosa università americana dalla provincia si rende conto che solo il censo e l’arroganza hanno veramente peso?

Una domanda oziosa, infine: chissà come Eric Rohmer avrebbe realizzato An education, un racconto morale a tutti gli effetti. E un film che ha soprattutto un limite, quello della regia onesta ma non eccelsa della danese Lone Scherfing (Italiano per principianti). Mentre la sceneggiatura di Nick Hornby (è la prima volta che lo scrittore adatta per lo schermo un romanzo non suo) è ricca di potenzialità nascoste. Rohmer, forse, avrebbe inscenato un corpo a corpo con il dilemma morale profondo. Che riguarda il ruolo del sapere e della donna in una società che si appresta a diventare consumista. Comunque, un buon film.

Voto: 7

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