Il governatore uscente si difende: contro di me il bipolarismo degli affari

di Antonio Massari

Strumentalizzazioni delle indagini: il sospetto è grave e tocca persino gli investigatori. Il clima politico giudiziario in cui versa la Puglia si riassume in queste poche righe: “Nei confronti del presidente della giunta regionale pugliese, Nichi Vendola, non vi sono, nel registro degli indagati di questa procura, iscrizioni suscettibili di comunicazione”.

Il comunicato del procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, arriva nel tardo pomeriggio ed è un monumento al bizantinismo. È la sintesi della difficoltà, per la procura barese, nel districare la matassa giudiziaria dalla guerriglia politica. È come dire: Vendola è indagato, sì, non possiamo smentirlo, però non possiamo comunicarvelo. Ma soprattutto: è il segno che la Procura di Bari è sempre più infiammabile, come conferma la seconda parte del comunicato, quella che formula una doppia accusa: “La procura prende atto delle possibili strumentalizzazioni delle indagini, per finalità diverse da quelle processuali, così come delle precedenti fughe di notizie sugli accertamenti in corso: allo stato, non può escludersi che siano riferibili a componenti del gruppo investigativo”.

E quindi: da un lato c’è chi ha strumentalizzato l’iscrizione di Vendola nel registro degli indagati, per fini che, se non sono processuali, non possono essere che politici. Dall’altro, esistono degli investigatori infedeli, responsabili delle fughe di notizie. Siamo quindi in piena fibrillazione politico-giudiziaria. In procura sono state aperte decine d’inchieste per fughe di notizie e le parole di Laudati dimostrano che la fiducia del procuratore, nei riguardi degli investigatori, è parecchio ridotta.

Laudati ha preso posto in un ufficio dalle indagini delicate, che vanno dalle escort portate da Tarantini a Berlusconi, a quelle sulla sanità e sul centrosinistra pugliese. Ogni frammento d’inchiesta reso pubblico può incidere sugli scenari politici del paese. Laudati ha di fatto “commissariato” persino la polizia giudiziaria, portando da Napoli una serie di investigatori, per i quali nutre la massima fiducia, grazie ai quali ha blindato soprattutto l’indagine che vede, tra gli intercettati, Silvio Berlusconi. E comunque, questo clima di fibrillazione, resta il dato di cronaca: Vendola è indagato per tentata concussione anche se, le voci più ricorrenti, parlano di un’archiviazione prossima, seppure non immediata. Voci che si rincorrono ormai da settimane, che stanno intorbidendo le primarie, che si terranno domenica tra Vendola e Francesco Boccia, candidato del Pd, ormai segnate dall’indagine in corso sul governatore.

Al centro della vicenda, la mancata nomina di Giancarlo Logroscino, considerato un “luminare”, al posto di primario del reparto di Neurologia dell’ospedale Miulli di Acquaviva. L’intercettazione chiave arriva dopo il concorso, e Vendola chiede spiegazioni all’ex assessore, Alberto Tedesco, sul perché Logroscino non ce l’abbia fatta, invitandolo a interessarsi della situazione. “Oggi insegno Neurologia all’Università di Bari”, spiega Logroscino, “sono rientrato nel 2008, con la legge che permetteva ai “cervelli” di rientrare dall’estero”.

“È difficile, per me, immaginare d’essere iscritto nel registro degli indagati per qualcosa per la quale pensavo di dover prendere una lode, di dover essere oggetto di pubblica gratificazione”, replica Vendola, che aggiunge: “Il procuratore, coraggiosamente, ammette che, in tutta questa vicenda, che mi vede bersaglio mobile da mesi, da alcuni ambienti sono giunti comportamenti illeciti. Sono lieto che il procuratore parli di fughe di notizie a uso strumentale per fini politici. Devo prendere atto che il bipolarismo degli affari, quello che vuole il rigassificatore, il ritorno al nucleare e la privatizzazione dell’Acquedotto pugliese, tenta di normalizzare la Puglia provando a farmi sparire con ogni mezzo”.

Resta il fatto che l’iscrizione nel registro degli indagati c’è. E che le inchieste sulla sanità sono parecchie. “Ho la coscienza limpida e i fatti lo dimostreranno. La mia telefonata con Tedesco arriva dopo che il concorso s’è concluso. Non prima. Quindi non vedo come avrei potuto condizionarlo. Ritengo che portare in Puglia i ‘cervelli’ emigrati sia un dovere, per un presidente di regione”.

Ma non è il caso che la politica si occupi di politica, e la sanità di sanità, senza confusione di ruoli? “Sì. Ma questo processo dovrebbe partire dal Parlamento, dev’esserci una molteplicità d’azioni, che ci allontanino dal modello attuale, dove la politicizzazione della sanità combacia con un pessimo modello aziendalista, misto tra pubblico e privato. E vorrei ricordare una lunga serie di cambiamenti, nella mia amministrazione, come l’internalizzazione dei lavoratori esternalizzati, che mi ha messo contro, giusto per dirne una, la lega delle cooperative, ma ci fa risparmiare denaro e restituisce dignità ai lavoratori”.

Restano, però, le responsabilità. Visto che la procura indaga su diversi filoni. “Posso aver sbagliato nell’intuito personale”, conclude Vendola, “ma dovete darmi atto che ho imposto le dimissioni dell’ex direttore generale della Asl, Lea Cosentino, e che ho azzerato la giunta ai primi avvisi di garanzia. Non ho reagito con semplici dichiarazioni di circostanza. Ho agito. Aprendo il dibattito sulla questione morale nella sanità, che qui in Puglia sta facendo molto rumore, ma che va indistintamente da Palermo a Milano, perché ovunque, ormai, siamo in presenza del bipolarismo degli affari”.

Da Il Fatto Quotidiano del 20 gennaio

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