Sanaa ci sorride dalle prime pagine dei giornali di ieri. Morta ammazzata a diciotto anni per il coltello del padre oltre al dolore e al raccapriccio, il suo sorriso mediatico postumo mi fa venire in mente all’istante un altro sorriso, che per mesi ha trionfato mediaticamente, quello di un’altra diciottenne di tutt’altra storia, Eluana Englaro. Allora quel sorriso di molti anni prima della morte servì a un’orrenda polemica politica strumentalizzata mediaticamente fino al midollo.Veniva “spacciata” come tale, come ragazza viva e sorridente dai pusher dell’informazione, a partire da quel Bruno Vespa, ciambellano del terremoto che in un Porta a Porta se ne uscì dicendo all’incirca: “Chissà quante altre Eluane aspettano di risvegliarsi”, mentre dietro di lui lo schermo rimandava truffaldinamente un sorriso da troppo tempo spento e una vita da troppo tempo devitalizzata. Adesso di Sanaa, adolescente marocchina la cui fine viene per forza associata alla morte analoga di Hina, la ragazza pakistana uccisa dal padre in consorteria con altri familiari perché rea di vivere e provare sentimenti “all’italiana”, il Ministro delle Pari Opportunità dice: “La tragedia è un fatto religioso”, e l’affermazione deborda sui media tra il massacro degli italiani in Afghanistan e lo slogan “siamo tutti farabutti” che segue la performance di Berlusconi da Vespa.

Un sondaggio di Radio 24 notifica che il 70 per cento degli ascoltatori la pensa come la ministra, nientepopodimeno che la ragazza Carfagna leggendariamente callipigia dall’esperienza politica relativa e invece la forte intercettabilità telefonica. Il massacro culturale è completo: allora Bruno come il Conte Zio, oggi Mara come una “brava, bravissima” di Don Rodrigo.

Chi glielo dice a Vespa che allora, con Eluana (come oggi da altri punti di vista con il Berlusca in televendita abruzzese), ha compiuto un “delitto” culturale travisando la realtà? Chi glielo spiega alla Carfagna titolare di un Ministero che sparlare a sproposito di “religione” e “conflitti religiosi” quando in realtà o tutta la nostra vita dipende dalla religione/non religione e allora il discorso è serio e temo al di sopra delle sue possibilità fisiche, oppure riferirsi alla religione così, con modalità da bar senza alcuna vera contezza, come si parlerebbe di veline e tronisti, è un altro “crimine culturale”? Perchè è il contesto che fa effetto, perché l’Islam c’entra certo ma l’omicida di Sanaa per esempio non era un musulmano praticante a quanto risulta e quindi il delitto probabilmente va mischiato a tanti altri fattori, compreso il magma televisivo che disinforma. Perché a casa penseranno che se un Ministro dice così (benchè sia solo la Carfagna) magari è vero, e a Pordenone si scatenano faide religiose (mentre non risulta essere questo il punto né la realtà). La tv, il potere, la politica in mano ai “troppo buoni” e all’ignoranza, ai maggiordomi e alle ragazze. Oltre la tragedia…

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