Saronno

Saronno, in ospedale un concorso ad hoc per il silenzio sul Dottor Morte

Il medico e l’infermiera - L’ospedale copriva gli omicidi in corsia: assunse una dottoressa “per non farle tirar fuori quelle storie”

1 Dicembre 2016

C’è un piccolo angelo di marmo in mezzo al giardino. Lo guarda una colomba della pace. Altra statua che decora la buca delle lettere. Tre piani di palazzina ben tenuta. Tutto è silenzioso. Il degrado, qui in via Lombardia a Lomazzo, non sta all’esterno, ma nascosto tra le pieghe dell’anima di questa distratta terra lombarda. Oltre un muretto, l’orto d’inverno è fatto di sterpi. Lo chiude un capannone abbandonato, forse quella porcilaia di cui parlava Laura Taroni, rammaricandosi che “non abbiamo manco più i maiali” a cui dare in pasto la prossima vittima. Laura e Leo, il dottor Cazzaniga. L’angelo della morte e lei, infermiera, amante, madre e presunta assassina di un ex marito brutale e con buona certezza anche della mamma di lei.

Rapporti familiari, complicati, violenti, incestuosi, dove il sesso subito e i giochi erotici incupiscono la scena, trascinando due bambini, figli di lei, in un delirio surreale. E poi quattro decessi in corsia all’ospedale di Saronno. Farmaci in dosi letali.

Annotati senza timori. A tutti visibili. Medici, infermieri, dirigenti. Che sanno, ma non denunciano nel tentativo di bloccare le notizie, di non farle uscire dalle mure sanitarie. La vicenda, scritta nelle oltre 600 pagine della richiesta d’arresto, riguarda la dottoressa Simona Sangion, indagata per aver messo la sua firma sotto le false analisi del sangue di Massimo Guerra, l’ex marito della Taroni, morto dopo una rapida terapia killer concordata da Laura e Leo. Sangion saprà di essere indagata nel maggio del 2015. Si confida con la madre: “Sì, io l’ho fatta quella cosa punto. È un falso in atto pubblico (…). Io verrò radiata dall’albo dei medici, ma io tiro dentro tutti (…) li distruggo!”. L’ordine è correre ai ripari. Nicola Scoppetta, primario del pronto soccorso, prova a tappare la falla. Come? Approntando un bando ad hoc per trasformare il contratto della Sangion a tempo indeterminato. Per Scoppetta la Procura di Busto Arsizio chiederà e non otterrà l’arresto ai domiciliari. Il medico resta indagato “per omissione di denuncia e favoreggiamento personale in relazione agli omicidi commessi da Cazzaniga”.

E con lui anche Roberto Cosentina, direttore sanitario dell’azienda ospedaliera di Busto Arsizio e Paolo Valentini, direttore medico a Saronno. Entrambi saranno coinvolti, ma non indagati, nella vicenda dell’assunzione riparatrice della Sangion che spiega alla madre. “È il mio capo che mi dice: non tirare fuori storie. Ma io prendo e gli taglio le carotidi”. Due giorni prima dell’interrogatorio arriva la promessa di assunzione a tempo indeterminato. Il bando viene messo su rapidamente. La Sangion ribadisce: “Se io il 24 settembre però non ho un lavoro, io faccio scoppiare un casino”. Il contratto arriverà. Ma è tutto il sistema ospedaliero che fa blocco. Dopo le segnalazioni di due infermiere, Cosentina nomina una commissione interna di cinque medici (indagati). Tra loro Scoppetta e Valentini. La commissione deve analizzare oltre ai casi noti, altri quattro decessi (otto in totale). Si concluderà “con omissioni e incompletezze” senza “approfondimenti ulteriori”.

In commissione c’è anche Maria Luisa Pennuto, responsabile della medicina legale che, intercettata, descriverà Cazzaniga come “quello che somministrava i farmaci in modo assurdo”. Concludendo: “Prenderò un avviso di garanzia”. Omertà, silenzio e odio. Quello che cova in via Lombardia. L’odio di Laura per il marito. “Ho ringraziato Dio quando è morto, bisogna difendersi da soli”.

Marito violento, raccontano le intercettazioni, amante della madre di Laura. “Alle volte – dice l’infermiera – ho preso un coltello, e gliel’ho puntato alla gola”. Il giorno del funerale di Massimo Guerra, l’infermiera, utilizzando la carta di credito del suocero, si darà allo shopping comprando due iPhone e un iPad. L’odio è sconfinato. L’impulso a uccidere anche: “Io ogni tanto ho voglia di… uccidere qualcuno…ne ho bisogno” . Con Cazzaniga, Laura progetta di ammazzare la sorella del suocero e anche suo nonno. Sempre con i farmaci: “L’’omicidio perfetto”. Di uccidere parla con il figlio Fabio, il più grande, che risponde: “Ti vado a prendere la katana”. “Tu – le dice Cazzaniga – li appenderesti come facevano gli unni! Appenderesti le teste sulle picche (…) testa mozzata davanti a casa. Smettila non puoi farlo”.

In Procura, ieri, i pm hanno finito di lavorare molto tardi. Sul tavolo altri tre decessi in ospedale e i dubbi, fondati, sulla morte di Maria Rita Clerici, la madre di Laura, e del suocero Luciano Guerra.

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