Casse vuote

Berlusconi torna a vincere ma Forza Italia continua a non pagare i debiti. Pignoramenti per 2 milioni

L’udienza - Il 16 gennaio il giudice dovrà decidere. Ex dipendenti e aziende chiedono Tfr e crediti. Ma la cassa è quasi vuota, e così si bloccano i conti

Di Carlo Di Foggia e Valeria Pacelli
9 Novembre 2017

Se Forza Italia fosse un’azienda avrebbe portato i libri in tribunale. E da tempo. Pignoramenti, debitori che bussano alle porte delle banche, decine di ex dipendenti ancora da pagare e un passivo di 100 milioni: sono i numeri del partito che vince in Sicilia e che si prepara alla prossima campagna elettorale.

Il campo di battaglia di aziende ed ex dipendenti contro Forza Italia è il Tribunale civile di Roma, dove il 16 gennaio – in piena campagna elettorale – si deciderà la sorte dei creditori del partito ma anche quali beni pignorare. Si tratta per lo più di conti correnti, anche perché proprietà immobiliari Forza Italia non ne ha (la sede è in affitto). In quell’udienza verrà sottoposta al giudice Laura Di Marco, la relazione del consulente tecnico del Tribunale, Andrea Liparata con il “piano di distribuzione dei crediti” da pagare. E che, se condivisa, diventerà esecutiva. Una bozza provvisoria il consulente l’ha già mandata solo pochi giorni fa, il 20 ottobre, ai legali di chi ha fatto causa, che ora hanno 30 giorni di tempo per sollevare questioni. Nella relazione, il perito mette in fila le diverse procedure di pignoramento contro Forza Italia: ci sono tutti quelli che vantano crediti dal partito di Silvio Berlusconi. Per lo più sono ex dipendenti a cui non è stato versato il tfr o che chiedono altre spettanze, come Claudio che deve avere 150 mila euro o Felicetta che deve averne altri 55 mila. C’è pure un’ex segretaria dell’ex ministro Sandro Bondi che ha fatto causa per poco meno di 20 mila euro. Ma i conti più salati sono quelli presentati al partito dalle imprese fornitrici. Solo per dirne qualcuna: a Eginformativa Progetti speciali Srl – che ha gestito per anni il sistema informatico del partito nella storica sede romana di via dell’Anima – vanta crediti per oltre 490 mila euro; Telecom Italia per 356 mila euro; e la Immobiliare Matisse Srl per altri 155 mila circa.

Se, come in questo caso, il debitore è insolvente la legge permette di recuperare i soldi dai suoi debitori. E così è partita la corsa a pignorare i conti nelle banche o qualsiasi altra somma dovuta al partito. Chi arriva primo, vince. Forza Italia rischia il blocco dei 163 mila euro depositati presso Poste Italiane o i 194.491 mila in Banca Prossima, la Camera ha dato l’ok per altri 5.800 euro e via dicendo. Potranno essere pignorati anche i fondi pubblici, come i 394 mila euro che il ministero dell’Economia deve versare a Fi come quota del 2 per mille. Tutti hanno acconsentito, l’unico a negare di essere un debitore del partito è stato Silvio Berlusconi. Le richieste ammontano a circa 2 milioni di euro ma in cassa c’è meno della metà di quella cifra.

Il disastro nasce da lontano. Dal 2008 Forza Italia ha chiuso tutti i bilanci in perdita: il passivo è passato da 6 ai 100 milioni del 2016 e deve 5,6 milioni ai fornitori. Berlusconi ha dato una mano accollandosi i debiti con le banche (Unicredit, Mps etc.) e ora, con 90 milioni, è il più grande creditore del partito. A fine 2015 sono stati licenziati gli 81 dipendenti. La situazione è tragica. Non lo nega Alfredo Messina, tesoriere di Fi: “Soldi in cassa non ci sono – spiega al Fatto – Abbiamo già avviato solleciti ai parlamentari affinché versino la loro quota di indennità”. Pagherete gli ex dipendenti? “Ci impegniamo a pagare tutti. A oggi, a lavorare nel partito siamo rimasti in tre…”.

 

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