Il governo ha posto la questione di fiducia sulla legge elettorale. Dopo l’annuncio in Aula, al Senato, della ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, i senatori di Sinistra Italiana hanno protestato a lungo al grido di “Vergogna“. Una volta che è stata sospesa la seduta – per riunire la conferenza dei capigruppo che programmerà i 5 voti di fiducia su altrettanti articoli della riforma – la capogruppo di Sinistra Italiana Loredana De Petris ha occupato la sedia del presidente Piero Grasso. I senatori M5s hanno indossato delle bende sugli occhi. In precedenza erano state bocciate sia le pregiudiziali di costituzionalità sia le sospensive, presentate da Mdp, Sinistra Italiana e Cinquestelle. Più tardi è stata la protesta di 8 senatori M5s a bloccare la ripresa dei lavori perché si sono seduti ai banchi del governo. “Oggi Gentiloni è passato alla storia per aver battuto un triste primato: essere il primo presidente del Consiglio dall’Unità d’Italia a porre la fiducia sulla legge elettorale sia alla Camera sia al Senato” commentano la capogruppo di Articolo 1 Maria Cecilia Guerra con i colleghi Federico Fornaro e Carlo Pegorer. I tre bersaniani ricordano i precedenti di Mussolini, De Gasperi e Renzi con l’Italicum, accostamento che Stefano Esposito, renzianissimo del Pd, definisce “pericoloso“. Il primo voto di fiducia è in programma per mercoledì alle 14. 

Il soccorso azzurro al governo
Mdp, con la capogruppo Guerra, ha ufficializzato l’uscita dalla maggioranza anche al Senato, nel senso che il gruppo non voterà la fiducia al governo (come già era accaduto alla Camera). Con il capogruppo alla Camera Francesco Laforgia, è salita al Quirinale per “certificare” la decisione anche di fronte al capo dello Stato Sergio Mattarella. Ma per il momento, secondo il capogruppo Pd Luigi Zanda, non c’è bisogno che al Colle salga anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Quello che conta ora è che i senatori di Mdp sono 16, ma com’è successo più di una volta e com’era prevedibile c’è la ciambella di salvataggio: i verdiniani di Ala hanno già annunciato che voteranno sì alla fiducia, “compatti”. “Anche se uno di noi è malato e quindi dovremmo essere in 13” aggiunge ad Affaritaliani.it Vincenzo D’Anna. Per D’Anna “anche qualche parlamentare di Forza Italia voterà la fiducia al governo”, perché “questa legge elettorale prefigura il governo tra Forza Italia e il Pd in alternativa a quello tra M5s e la sinistra o tra M5S e la Lega dato che ormai questa è la suddivisione delle forze in campo. Con il Rosatellum 2.0 è necessario un governo di grande coalizione“.  Il voto di fiducia, conferma da una prospettiva diversa Roberto Speranza in mattinata “non sarà l’ultimo di questa legislatura ma il primo della prossima: vorrà dire che avremo le larghe intese Forza italia-Pd”.

M5s al Pd: “Vi prostituite a Renzi” 
“Che scurrile” si scandalizza Barani…
Gli scontri verbali tra maggioranza e opposizione sono proseguiti anche alla ripresa dei lavori soprattutto dopo che il senatore Andrea Cioffi (M5s) ha insultato i parlamentari del Pd. “Voi vi prostituite a Renzi per essere rieletti”. Parole alle quali hanno reagito diversi senatori democratici, mentre un altro grillino, Alberto Airola, ha replicato gridando. “La prego di usare un linguaggio consono a questa Aula” è intervenuto Grasso rivolto a Cioffi. Questi tuttavia ha insistito: “E’ il linguaggio adeguato a questa schifosa maggioranza“. Al termine dell’intervento di Cioffi ha preso la parola Lucio Barani, capogruppo di Ala: “Signor presidente, in questa seduta abbiamo visto occupare lo scranno della seconda carica dello Stato, i banchi del governo ed ora anche abbiamo sentito un linguaggio scurrile. Signor presidente, le chiedo di convocare l’ufficio di presidenza come avrebbero fatto i suoi predecessori, De Nicola, Fanfani, Spadolini“. Barani è lo stesso Barani che fu sospeso per 5 giorni per aver compiuto il gesto di una fellatio guardando le senatrici dei Cinquestelle. 

Miguel Gotor, il capo dei bersaniani al Senato, ha spiegato che “questo passaggio finirà nei manuali di storia e state scrivendo una pagina di cultura costituzionale di cui presto o tardi vi dovrete vergognare. State tradendo quei principi che sono nella carta dei valori del Partito democratico e nella storia della sinistra italiana”. “Ci sarà pure un motivo – ha aggiunto – se dal 1861 a oggi nessun governo – liberale, fascista, o democratico – sotto la monarchia o sotto la Repubblica ha mai osato imporre la fiducia in entrambi i rami del Parlamento. Fatevi una domanda e datevi una risposta quando stasera vi guarderete allo specchio che rimanderà l’immagine del vostro sovversivismo istituzionale”. 

La tensione al Senato
La tensione della Camera alta del Parlamento era salita con il voto – unico – sulle 4 pregiudiziali di costituzionalità (presentate da M5s, Mdp e Sinistra Italiana) e sulle sospensive. Già a questo punto infatti la capogruppo di Sinistra Italiana Loredana De Petris aveva chiesto di votare a scrutinio segreto un passaggio delle pregiudiziali che riguardava le minoranze linguistiche, unico tema sul quale al Senato è previsto il voto tutelato dalla segretezza. Ma il presidente Grasso ha respinto la richiesta perché – ha spiegato – secondo il regolamento le pregiudiziali vanno votate a scrutinio palese e per intero. Sempre con il regolamento alla mano era di opinione opposta il capogruppo M5s Giovanni Endrizzi. Ironico il senatore Karl Zeller, della Svp: “Grazie colleghi di M5s per l’attenzione alle minoranze linguistiche. Tutti gli emendamenti di M5s sono tutti volti a discriminare le minoranze linguistiche, e non a tutelarle”.

Grasso: “La fiducia è una facoltà del governo”
Subito dopo che sono state respinte con un distacco larghissimo sia le pregiudiziali sia le sospensive, la ministra Finocchiaro ha chiesto la parola per porre la questione di fiducia su 5 dei 6 articoli della riforma elettorale. A quel punto sono iniziate le grida dei senatori di Sinistra Italiana verso Grasso, contestando la scelta del governo della seconda fiducia in 15 giorni sulla legge. “La fiducia è una facoltà del governo nei riguardi del Parlamento” ha risposto il presidente del Senato che nei giorni scorsi, parlando con il Fatto, aveva garantito di fare di tutto per convincere la maggioranza a rinunciare alla fiducia. “Vergogna, vergogna” hanno scandito i senatori di Si, mentre la De Petris ha urlato: “Questo Senato non esiste”. I parlamentari Cinquestelle invece hanno messo delle bende bianche sugli occhi. “Il governo Gentiloni – afferma Vito Crimi – di fatto ha blindato un testo incostituzionale per portarlo a casa il prima possibile, mentre la legge che abolisce i vitalizi la fanno marcire in commissione. Oggi il governo ha mostrato da che parte sta: non dalla parte dei cittadini, né delle istituzioni, ma solo dalla parte dei partiti e della Casta”.

Il programma: prima fiducia alle 14 di mercoledì
La discussione generale proseguirà fino alle 20 di stasera, martedì. Poi ancora domani fino alle 14 quando è prevista la prima chiama. Sempre nella giornata di domani si terranno le altre quattro “chiame” nominali sulle altre fiducie, oltre al voto sull’articolo 5 sul quale non è stata posta la fiducia, visto che è un articolo tecnico con la sola clausola di invarianza finanziaria. Giovedì mattina, infine, le dichiarazioni di voto da parte dei gruppi parlamentari e il voto finale sul provvedimento intorno a mezzogiorno.

Il “miracolo” Rosatellum: ok definitivo in 15 giorni
Così la legge elettorale con il sistema misto maggioritario-proporzionale farà il “miracolo” di essere approvata da Montecitorio e da Palazzo Madama in meno di due settimane, per l’esattezza 14 giorni. L’ultima “trattativa” tra la maggioranza che sostiene il Rosatellum – cioè l’intesa a 4 tra Pd, Fi, Lega e Ap – e le opposizioni si è rivelata del tutto fasulla soprattutto dalla parte del Pd e del governo. Il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Luciano Pizzetti, aveva infatti spiegato che la questione di fiducia – già annunciata ieri – sarebbe stata tolta dal tavolo se le opposizioni avessero rinunciato agli emendamenti che prevedevano il voto segreto perché riguardavano le minoranze linguistiche. In realtà si trattava solo di 17 emendamenti M5s che – grazie a una maggioranza molto ampia a sostegno della legge, sulla carta 220 voti su 320 – in teoria Pd, berlusconiani, leghisti e alfaniani avrebbero dovuto superare senza problemi. “Il governo per bocca del sottosegretario Pizzetti sta cercando alibi per porre la fiducia” hanno sintetizzato Doris Lo Moro e Federico Fornaro, di Articolo 1. 

Cinque del Pd pronti a non votare
Nel Pd, intanto, si fanno i conti e al momento non ci sono particolari preoccupazioni. “I voti per il provvedimento ci sono. C’è la questione del numero legale ma confidiamo di raggiungerlo senza l’apporto di Ala” assicurano dal gruppo Pd. Ma i calcoli sono sul filo. Anche perché 5 senatori democratici hanno già annunciato che potrebbero non partecipare al voto di fiducia – Vannino Chiti, Luigi Manconi, Walter Tocci, Claudio Micheloni e Massimo Mucchetti – facendo appello – invano – alla rinuncia di una “blindatura” del testo.

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