Alla fine è evaso davvero e lo ha fatto quasi fosse in un film degli anni ’70: semplicemente ha preso un taxi. Giuseppe Mastini, meglio noto come Johnny lo Zingaro, si è dato alla macchia ancora una volta dopo le evasioni collezionate agli inizi della sua carriera criminale. Ufficialmente è ricercato da ieri sera alle 21, ma l’allerta era scattata già in mattinata quando l’ergastolano era uscito dal carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, senza mai presentarsi alla scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, dove lavorava da quando aveva acquisito il regime di semilibertà Del caso si occupa la polizia penitenziaria insieme alle forze dell’ordine. Ieri lo Zingaro è stato avvistato a Genova alla stazione Brignole: il tassista che lo accompagnava lo ha riconosciuto. Gli investigatori hanno scatenato in queste ore una vera e propria caccia all’uomo per rintracciare l’ergastolano.

Mastini,  infatti, non è certamente un criminale comune. Tutt’altro: figlio di giostrai sinti che nel 1970 si stabilirono a Roma, arrestato per una lista infinita di reati commessi già da adolescente, è finito addirittura dentro all’ultima inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, archiviata solo nel 2015 dalla procura capitolina.  Il primo delitto dello Zingaro avvenne nel 1975 quando uccise un  tranviere. Dal penitenziario evase due volte: prima da quello di Casal del Marmo, poi da quello dell’isola di Pianosa. Nell’estate del 1983 fu arrestato di nuovo, dopo una sparatoria con la polizia. Quattro anni più tardi ottenne una licenza premio per buona condotta. Fu proprio durante questa licenza, nel febbraio 1987, che Mastini fu protagonista di sanguinose scorribande che si conclusero con la cattura anche della sua compagna, Zaira Pochetti, morta qualche anno dopo alla fine di una lunga malattia.

In quella giornata, che impegnò le forze di polizia in una vera e propria caccia all’uomo, Mastini rubò diverse auto, rapinò benzinai, sequestrò una ragazza, Silvia Leonardi, sparò contro una pattuglia di agenti, uccidendo la guardia Michele Giraldi, ferì un brigadiere dei carabinieri, Bruno Nolfi. Si arrese nelle campagne di Mentana, ormai circondato da agenti e carabinieri. Su quella notte, Mastini disse: “Non ricordo un gran che. Mi si è stato raccontato dopo. Ero completamente fatto di whisky, tavor e cocaina. Dicevo tra me: qui stasera mi sparano tutti addosso”. Condannato all’ergastolo nel 1989, da alcuni anni era detenuto nel carcere di Fossano. “Giuseppe Mastini era dispiaciuto per il suo passato criminale, ma era anche convinto di aver pagato a sufficienza per i reati commessi”, dice ora Enrico Ugolini, l’avvocato torinese che negli ultimi due anni ha assistito lo Zingaro, il quale ha spesso sostenuto di essere stato solo un “capro espiatorio“. Come per il caso dell’omicidio Pasolini. “Il mio cliente – dice l’avvocato Ugolini – mi ha sempre detto di non aver mai conosciuto né incontrato l’intellettuale. Ma che qualcuno l’aveva messo in mezzo”.

Sì perché la fama dell’ergastolano, al quale sono dedicati persino un film e una canzone, è dovuta soprattutto al suo coinvolgimento nel caso Pasolini.  Secondo più di una pista investigativa Pino Pelosi, fino ad oggi il solo condannato per la morte del poeta, non era l’unica persona presente all’Idroscalo di Ostia quella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975. “C’erano i due fratelli Giuseppe e Franco Borsellino, e un altro che non conosco”, ha detto Pelosi, davanti al pm capitolino, Francesco Minisci. I fratelli Borsellino, originari di Catania, erano due neofascisti che oggi sono morti, ma il terzo uomo citato da Pelosi chi era? Pino La Rana, come veniva chiamato l’unico condannato dell’omicidio Pasolini, non si è mai sbilanciato ma i sospetti degli inquirenti si sono concentrati sullo Zingaro, il quale ha sempre smentito ogni accusa, ammettendo solo di aver conosciuto Pelosi durante la detenzione nel carcere minorile di Casal del Marmo.

A portare gli investigatori a indagare su Mastini c’era un plantare di scarpa trovato nell’Alfa Romeo di Pasolini:  né il poeta né Pelosi utilizzavano strumenti simili per le calzature, al contrario dello Zingaro, che invece ne aveva bisogno da quando era rimasto ferito in una sparatoria. L’inchiesta della procura capitolina, però, è stata archiviata due anni fa, nonostante sul luogo sul luogo della morte di Pasolini fossero state ritrovate tracce di 5 dna differenti, oltre quello di Pino Pelosi. “Non si può determinare se quelle tracce siano precedenti, coevi o successivi all’evento delittuoso”, era stata la spiegazione della procura di Roma. “Una volta fuori vorrei vendicarmi di questa società che mi ha maltrattato”, avrebbe detto invece Mastini a un detenuto, poco prima di ottenere il permesso premio nel febbraio 1987.
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