Al momento l’unica certezza è che Alitalia ha perso la leadership del mercato italiano. L’ha scalzata Ryanair proprio nel giorno in cui sono arrivate 32 manifestazioni di interesse per l’ex compagnia di bandiera. Il resto della storia è tutta da scrivere: i commissari  Enrico Laghi, Stefano Paleari e Luigi Gubitosi dovranno ora selezionare solo le candidature ritenute credibili. Inevitabile quindi che, nelle prossime ore, scenda sensibilmente il numero definitivo di soggetti che potrà accedere alle informazioni riservate di Alitalia. Fra questi dovrebbero esserci la statunitense Delta, la Ryanair stessa, i fondi americani Tpg e Cerberus, nonché la stessa Etihad, socio al 49% del vettore. Ma non Lufthansa che ha precisato nei giorni scorsi come la posizione dell’azienda su Alitalia “non sia cambiata”. Per quanto riguarda Etihad, da Bruxelles è in arrivo giovedì un pacchetto di misure attuative sull’aviazione che, pur non toccando il tetto del 49% del capitale delle compagnie europee oltre il quale i vettori extracomunitari non possono salire, daranno un’interpretazione più morbida della soglia.

Ultimata la prima selezione, i commissari invieranno alla cerchia ristretta dei candidati una lettera dettagliata sulla fase due che partirà già la prossima settimana. Poi i pretendenti saranno  chiamati a formulare un’offerta non vincolante entro luglio. Successivamente si valuterà l’ipotesi di una gara per arrivare alle proposte definitive ad ottobre nel rispetto dei sei mesi massimi di tempo previsti finora dal ministro Carlo Calenda. La procedura andrà quindi avanti a tappe forzate con un ritmo decisamente serrato. Anche perché il governo vuole a tutti i costi evitare che si moltiplichino i costi pubblici dell’operazione il cui conto è già recentemente raddoppiato con il prestito ponte da 600 milioni appena concesso all’azienda per evitare il tracollo. Ma sarà inevitabile che ancora una volta le sorti di Alitalia, come accadde ai tempi dei capitani coraggiosi, diventino un tema della campagna elettorale con il rischio concreto che la logica politica finisca col prevalere su quella industriale.

Intanto, mentre la procedura di vendita va avanti, i commissari stanno continuando a tagliare i costi. Hanno ottenuto un centinaio di milioni di risparmi grazie alla rinegoziazione dei derivati sul carburante contratti con Intesa e Unicredit, banche socie e al tempo stesso creditrici dell’ex compagnia di bandiera. E ora puntano a realizzare risparmi consistenti sul leasing degli aerei della flotta (90 milioni secondo le stime più ottimistiche) e sul personale. Domani 7 giugno al ministero del lavoro è previsto un tavolo con i sindacati Alitalia per parlare della cassa integrazione che riguarda 1.300 dipendenti. Per il sindacalista della Cub, Antonio Amoroso, si tratta di una nuova ondata di denaro pubblico sprecato perché il taglio sul costo del lavoro servirà solo ad alleggerire la società in vista della dismissione. Per la Cub, meglio sarebbe stato valutare la proposta del sindaco Pd di Fiumicino, Esterino Montino, che alcune settimane fa aveva ipotizzato un asse Finmeccanica-Ferrovie-Eni per far decollare Alitalia. L’idea, che inizialmente aveva riscontrato l’attenzione di parte del Pd e del Movimento 5 Stelle è poi finita nel dimenticatoio perché si tratta di un progetto troppo complesso e spinoso da affrontare. Soprattutto nel pieno di una campagna elettorale.

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