Il voto anticipato ad autunno prossimo con un sistema proporzionale? Ci credono e lo vogliono Renzi e Berlusconi, ma anche il Movimento 5 stelle. Chi non lo vuole è il ministro degli Esteri Angelino Alfano, terrorizzato che la sua Alternativa Popolare resti fuori con la soglia di sbarramento al 5 per cento. Ma non è solo a chiedere di rallentare la corsa verso le urne anticipate in autunno. Trentuno senatori vicini al ministro della Giustizia Andrea Orlando (che dal congresso sono minoranza nel partito) hanno firmato un appello dicendo che si tratterebbe di un “salto nel buio“, ma aggiungendo anche che bisogna scongiurare “ogni ipotesi proporzionalistica, che produrrebbe ingovernabilità ed instabilità, ripristinando il potere di scelta dei parlamentari da parte dei cittadini”. Dopo i temporeggiamenti sulla riforma elettorale, il quasi-accordo tra Pd, Forza Italia e M5s sembra aver sbloccato la situazione tanto da rendere credibile l’idea delle urne già a settembre. Ma ancora tutto può succedere. Nel frattempo il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sembra voler mandare un messaggio soprattutto ai mercati: “Ribadisco che il governo si augura un’intesa sulla legge elettorale, ma che non abbiamo un ruolo da protagonisti. Confermo che il governo è nella pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere”. 

Invita alla calma anche il presidente del Senato Pietro Grasso: “Noto un rallentamento invece che un’accelerazione” sottolinea a Repubblica.it. “Qualcuno aveva detto che si andava in Aula alla Camera il 5 giugno e invece adesso vedo che dovrebbe andarci il 12. Quindi vedo che un rallentamento c’è stato”. Ma la seconda carica dello Stato al tempo stesso non è voluta entrare nel merito: “Sono al Senato e aspetto la legge elettorale”.

Silvio Berlusconi non solo conferma l’intenzione di Forza Italia di sostenere l’accordo sulla nuova legge elettorale, ma dice anche che, se fosse per lui, sarebbe meglio addirittura uno sbarramento all’8%. Una soglia irraggiungibile per tutte le forze a sinistra del Pd, ma anche per Fratelli d’Italia e per la stessa Alternativa Popolare, fosse anche in coalizione con altre realtà centriste. Che sia 5 o 8%, resta il fatto che al ministro degli Esteri il modello tedesco non conviene perché non spinge verso le coalizioni. Per il momento, tuttavia, ne fa una questione di principio: “Non abbiamo posto la questione della soglia, ma una questione di principio sulla legge elettorale, perché ci uniremo ad altri e supereremo la soglia del 5%” dice sottolineando che “ci sono tante forze politiche e persone della società civile che ci hanno dato disponibilità ad aggregare una coalizione liberale popolare che supererà la soglia, se sarà quella”. Questione di principio da allargare anche ai rapporti in maggioranza, come Alfano ha ribadito nell’incontro di ieri con Renzi: “In questo momento così delicato non si vota per la legge elettorale, ma si vota lo scioglimento delle Camere e io non capisco l’impazienza del Pd di portare l’Italia al voto tre o quattro mesi prima in piena legge di stabilità. Rivolgo un appello al Pd prima della loro Direzione: pensino all’Italia e al danno che questa impazienza di rientrare a Palazzo può fare all’economia”.

In realtà la soglia di sbarramento al 5 per cento ha sostenitori in tutti gli schieramenti, Cinquestelle compresi. “Nelle prossime ore si riunisce la direzione Pd, ascolteremo – dice Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Ap – Poi, nella nostra direzione, quella di Ap, giovedì, valuteremo il da farsi”. Dalla larghezza della frattura all’interno della maggioranza anche sulla legge elettorale si capirà anche quanto tempo ha ancora da vivere il governo Gentiloni.

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