Una delle chiavi di lettura più interessanti della svolta a destra del libero occidente è la scomparsa della classe operaia. Scomparsa nel senso fisico e non solo figurativo della parola. Gli operai e le loro famiglie quale categoria sociale praticamente non esistono più e coloro che lo erano e i pochi che ancora vanno in fabbrica ogni mattina sono piombati nella povertà. L’alienazione è la bandiera che sventola sui casermoni di periferia dove costoro vivono e nelle fabbriche dove condividono il lavoro con i compagni robot. Scenari distopici a pochi chilometri dalle nostre case.

Su questi temi verte il dibattito che imperversa tra alcuni intellettuali occidentali, tra cui un giovane francese, Edouard Louis, autore di un romanzo autobiografico The End of Eddy dove si racconta la profonda povertà della sua infanzia e adolescenza a Hallencourt, un piccolo villaggio nel Nord della Francia. Quando mancava da mangiare il padre lo mandava dagli zii a elemosinare una pagnotta di pane o un chilo di spaghetti. Non siamo nella Francia pre-rivoluzionaria ma nel presente, Edouard Louis è nato negli anni Novanta.

Perso il lavoro a causa di un grave incidente in fabbrica, il padre di Edouard è diventato un escluso, senza un ruolo nel sindacato e nei partiti della sinistra i cui punti di riferimento sociali non includevano individui come lui. L’esclusione sociale e politica, una parola che in inglese suona meglio che in italiano disenfranchised, ha portato Louis padre ad abbracciare la causa del Front National di Le Pen padre.

Il racconto di Edouard Louis è comune, potrebbe essere stato scritto da un suo coetaneo americano, nato anche lui negli anni Novanta in una cittadina industriale del Michigan o da un trentenne italiano nato in Veneto oppure un inglese cresciuto nelle Midlands. Le loro famiglie operaie sono state cancellate dalla carta sociale, ingoiate dalla povertà dei quartieri periferici infestati dagli spacciatori dove a stento sopravvivono, dimenticate dalla classe politica e dai sindacati, gettate nel cestino della globalizzazione perché nessuno ne ha più bisogno. Sono gli scarti del presente, i nuovi poveri del ricco occidente, un segreto tenuto ben nascosto agli occhi di tutti.

Il romanzo autobiografico di Edouard Louis fu rifiutato da un editore francese perché secondo lui era falso, nessuno nella Francia degli anni Novanta a Duemila viveva in quelle condizioni, gli scrisse. E’ come dire che il bel romanzo di Silvia Avallone, Acciaio, è un libro di fantascienza. L’avanzata della destra, del razzismo, del nazionalismo, di tutto ciò che ci ripugna fa parte del nostro rifiuto di vedere la realtà. La vecchia classe operaia è non solo disoccupata ma profondamente ignorante. Edouard Louis e’ un’eccezione, i figli sono più ignoranti dei padri, non hanno accesso alla cultura né alla mobilità sociale. Appartengono a un nuovo sottoproletariato povero e spesso ignorante. Molti provengono da famiglie che trent’anni fa appartenevano alla classe medio bassa, figlio di operai specializzati. Ma la globalizzazione li ha spinti verso il basso.

Uno studio condotto dal centro studi Pew negli Stati Uniti conferma che negli ultimi decenni la classe media, nella quale rientravano anche gli operai specializzati, si è rimpicciolita. In parte ciò è dovuto al fatto che i lavori più remunerati per chi non ha una laurea sono svaniti. Negli ultimi dieci anni poi, quasi tutti i nuovi posti di lavoro sono andati a laureati.

Viviamo in un’economia di servizi che non produce più nulla. Se in cima alla piramide lavorativa abbiamo i banchieri alla base troviamo l’esercito dei lavoratori non specializzati. Nelle Midlands, nel Regno Unito, dove un tempo sorgevano le fabbriche della Rivoluzione Industriale oggi sorgono enormi parchi industriali, conglomerati di capannoni che ospitano i magazzini dei prodotti di Amazon o i call center del XXI secolo. Qui esiste solo il salario minimo e nessuna garanzia o protezione. E per assicurarsi che queste condizioni rimangano tali i datori di lavoro fanno regolarmente arrivare dalla Polonia pullman pieni di lavoratori stagionali piuttosto che assumere a tempo indeterminato la popolazione locale.

Due sono le più comuni reazioni di questo popolo senza diritti: rabbia e disperazione. Uno studio americano condotto tra il 1998 ed il 2013 da Anne Case e Angus Deaton su un campione di operai di diverse età ha riscontrato un aumento dei suicidi e dei decessi per abuso di alcol e di antidepressivi nella classe di età 45-54 anni. Le percentuali sono talmente alte da mettere a rischio il trend dell’aumento delle aspettative di vita negli Usa. Ma la maggior parte dei vecchi e nuovi operai è consumata dalla rabbia e sono loro che hanno votato per Donald Trump e per la Brexit.

Trump come Le Pen e i leader di Ukip sono andati a cercare questa massa critica sociale dimenticata dai vincitori della globalizzazione, li hanno ascoltati e hanno costruito sulla loro tragedia la propria campagna politica tutta intrisa di rabbia. I risultati sono stati positivi. Anche Marine Le Pen oggi punta alla vittoria grazie al voto della vecchia classe operaia, più del 55 per cento dei lavoratori manuali hanno detto che voteranno per lei. Certo non sceglieranno Macron, ex banchiere dei Rothschild, che difende una globalizzazione che gli ha tolto il lavoro e le speranze.

Ma a prescindere da chi oggi vincerà la corsa all’Eliseo, il problema dell’occidente è la polarizzazione della politica e l’avanzata di una destra non illuminata ma piena di rabbia e risentimento. Il trionfo dell’ignoranza e della stupidità insomma. E’ ora di domandarsi se è stato un bene privare l’arena politica e sociale di una forza importante a sinistra, una voce progressista fuori delle aule accademiche, un elemento di equilibrio politico fondamentale in una democrazia: la classe operaia. Domandarsi se il modello democratico che abbiamo costruito dai tempi della Rivoluzione Industriale non marcia più perché gli sono state amputate le gambe.

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