“Avendo passato gli ultimi 15 anni in una prigione israeliana, sono stato sia un testimone e vittima del sistema illegale di Israele di arresti arbitrari di massa e maltrattamenti di prigionieri palestinesi. Dopo aver esaurito tutte le altre opzioni, ho deciso non c’era altra scelta che resistere a questi abusi in corso uno sciopero della fame”. Marwan Barghouti, 58 anni, dirigente di al Fatah in carcere dal 2002 in quanto condannato a ben cinque ergastoli da Israele, in un articolo pubblicato dal New York Times parla dell’iniziativa che la stampa dei Territori occupati definisce ‘la battaglia degli stomaci vuoti‘, uno sciopero della fame a oltranza per ottenere migliori condizioni di vita per i palestinesi detenuti in Israele.

Barghouti è riuscito a far uscire dalla propria cella nel carcere di Hadarim (a nord di Tel Aviv) il lungo articolo dal titolo “Why We Are on Hunger Strike in Israel’s Prisons”. Barghouthi scrive tra l’altro che “i prigionieri palestinesi stanno soffrendo torture, trattamenti degradanti e inumani e negligenza medica, alcuni sono stati uccisi in custodia”.

Questa falla nei sistemi di sicurezza è stata giudicata molto grave dal governo israeliano che adesso minaccia ritorsioni sia su Barghouti sia al giornale. Quest’ultimo colpevole – agli occhi di Israele – di aver “pubblicato menzogne” e di aver presentato Barghouti semplicemente come “un leader e deputato palestinese”: evitando cioè di specificare che è stato condannato all’ergastolo per aver ispirato attentati in cui furono uccise cinque persone. Barghouti è stato trasferito e chiuso in isolamento in un altro penitenziario. I palestinesi che oggi hanno cominciato uno sciopero della fame a oltranza – ha intanto affermato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano – ”non sono prigionieri politici, ma terroristi condannati ed assassini. Sono stati giudicati e trattati in maniera adeguata secondo il diritto internazionale”. Da parte sua il ministro per l’intelligence Israel Katz (Likud) ha scritto su Twitter: “Quando un volgare assassino come Barghouti sciopera in carcere per un miglioramento delle condizioni di reclusione, mentre i parenti degli uccisi ricordano e soffrono, c’è una sola soluzione: ‘Pena di morte per i terroristi’ “.

Il presidente palestinese Abu Mazen ha espresso solidarietà ai detenuti palestinesi (6.500, secondo le stime dell’Anp) e ha perorato un intervento internazionale in loro favore. Hamas – in questi giorni impegnata in un aspro confronto politico con l’Anp per la gestione di Gaza – ha convenuto che le richieste elencate da Barghuti sono condivisibili, ma finora non ha ordinato ai suoi militanti di partecipare allo sciopero della fame. Secondo attivisti palestinesi, finora circa 1.500 detenuti (quasi tutti di al-Fatah e del Fronte popolare) hanno rifiutato il cibo. I media israeliani sostengono che hanno aderito allo sciopero sono 1.200 e riferiscono che le autorità carcerarie hanno avuto istruzione di non aprire trattative.

Al di là delle cifre, la protesta innescata da Barghouti ha avuto già oggi primi riflessi sul terreno. Manifestazioni di solidarietà ai carcerati palestinesi si sono avute a Betlemme e a Ramallah. Ci sono stati scontri con i militari israeliani e fonti palestinesi parlano di una dozzina di feriti. Ma, secondo alcuni analisti, se lo sciopero andrà avanti le proteste potrebbero estendersi nei Territori, mettendo Abu Mazen di fronte a un dilemma: reprimere gli eventuali disordini, oppure assecondare la protesta. Sono entrambi scenari preoccupanti per i dirigenti dell’Anp, impegnati in questi giorni a preparare il critico incontro del 3 maggio a Washington con Donald Trump.

Intanto a Gaza, Hamas ha organizzato manifestazioni contro Abu Mazen. Il malcontento deriva dalla decisione di Ramallah di decurtare gli stipendi dei funzionari pubblici dell’Anp nella Striscia e dai contrasti fra Hamas e Anp sul finanziamento del diesel necessario al funzionamento della centrale elettrica di Gaza. Per via di questi contrasti, la centrale ha cessato di funzionare e l’erogazione della elettricità è stata ulteriormente razionata. Particolarmente drammatica, avvertono fonti di Gaza, è ora la situazione negli ospedali dove le sale operatorie sembrano vicine al collasso. A Gaza, aggiungono le fonti, l’esasperazione sta raggiungendo livelli di guardia.

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