“Mai preso soldi. Si è trattato di un evidente caso di abuso di cognome“. E’ questa la linea difensiva che Tiziano Renzi, indagato per concorso in traffico di influenze nell’inchiesta Consip, ha tenuto davanti al procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, e alla pm di Napoli, Celeste Carrano, che lo hanno interrogato in procura a Roma nella sede di Piazzale Clodio. A riferirlo è stato Federico Bagattini, legale del padre dell’ex premier, al termine di un interrogatorio durato oltre tre ore. “Tiziano non ha mai conosciuto Alfredo Romeo né ha mai avuto rapporti con lui” ha aggiunto il legale, che quindi ha escluso passaggi di denaro dall’imprenditore campano a Renzi senior. “Il dottor Renzi ha risposto a tutte le domande in un clima sereno” ed ha precisato di “non aver avuto alcun ruolo in questa vicenda” ha aggiunto l’avvocato, secondo cui il suo assistito non è mai stato in Consip. Non solo. A sentire Bagattini, “le dichiarazioni di Luigi Marroni (ad Consip, ndr) sono da valutare dal punto di vista della loro complessiva verosimiglianza“. Il riferimento è al fatto che, a detta di Marroni, Tiziano Renzi ha fatto pressioni su di lui per accontentare le richieste dell’imprenditore Carlo Russo, amico di Alfredo Romeo. Il legale, inoltre, ha raccontato di un “Tiziano Renzi stanco e provato, anche perché questa è una vicenda che non ha uno spettro esclusivamente giudiziario”. “Quando si abusa del proprio cognome si è vittima” ha sottolineato Bagattini, secondo cui il padre dell’ex premier durante l’incontro con i pm ha “negato di incontri avvenuti in ristoranti o bettole” e ha detto di non aver mai conosciuto Denis Verdini. Quest’ultimo, però, nella giornata di giovedì ha detto l’esatto contrario dopo la condanna a 9 anni per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino: “Con Tiziano ci conosciamo da anni ma con lui non ho fatto nessun affare”.

IL RAPPORTO RELIGIOSO TRA TIZIANO RENZI E CARLO RUSSO
Il padre dell’ex premier ha invece sottolineato di essere legato a Russo anche da una frequentazione di carattere religioso. Non è mistero, del resto, che i due hanno fatto insieme alcuni pellegrinaggi a Medjugorje. Durante l’interrogatorio, ha concluso l’avvocato Bagattini, non sono state fatte nuove contestazioni al padre dell’ex premier, che è stato interrogato praticamente in contemporanea con Russo. Quest’ultimo è stato poco meno di tre ore davanti ai pm Palazzi e Woodcock nella caserma del comando provinciale dei carabinieri di Firenze. L’imprenditore di Scandicci, a differenza di Tiziano Renzi (ai due è contestata la stessa ipotesi di reato) si è avvalso della facoltà di non rispondere. “Intendiamo – hanno spiegato i suoi legali – far rispondere il nostro assistito quando saremo su un piano di parità ossia quando avremo piena conoscenza degli atti. Ora abbiamo solo un decreto di perquisizione“. Chi invece ha detto qualcosa sono stati i pm. Dopo l’interrogatorio di Russo, infatti, Palazzi e Woodcock si sono allontanati dal comando provinciale dei carabinieri di Firenze per una ventina di minuti. “Andiamo a sciacquare i panni in Arno…” ha scherzato Woodcock incamminandosi con Palazzi verso il vicino fiume. Al loro rientro i cronisti hanno chiesto se i due magistrati hanno intenzione di ascoltare oggi altre persone. “Vediamo…”, è stata la risposta. Russo era teso? “Non posso dire niente – ha risposto Woodcock – dovete chiederlo a lui…”.

ROMEO A RUSSO: “IL DOTTORE E’ SODDISFATTO?”. I PM SOSPETTANO CHE SIA LA PROVA DEI PAGAMENTI A TIZIANO RENZI
Russo e Renzi senior devono spiegare i particolari del loro rapporto con Alfredo Romeo e ciò che, a leggere le carte dell’inchiesta, hanno fatto per avvicinare l’imprenditore alla vittoria dei lotti dell’appalto Fm4 a cui era fortemente interessato. Soprattutto, i due dovranno rispondere a una domanda ben precisa: hanno avuto qualcosa in cambio per i loro presunti servigi? A leggere le carte dell’inchiesta, il do ut des emergerebbe dai pizzini vergati da Romeo e recuperati dagli inquirenti in una discarica. In tal senso, nei giorni scorsi Il Fatto Quotidiano ha pubblicato in esclusiva il pezzo di carta in cui Romeo annotava i compensi da dare a T. e C.R.: 30mila euro al mese per il primo, 5mila ogni due mesi per il secondo. Per chi indaga, quelle iniziali potrebbero riferirsi proprio a Tiziano Renzi e Carlo Russo. Quest’ultimo, poi, è stato intercettato mentre parlava con Alfredo Romeo: il contenuto è stato pubblicato nell’edizione odierna del Corriere della Sera. In una di queste conversazioni registrate dagli inquirenti, Romeo e Russo parlano di quello che i pm definiscono il “metodo della mattonella”, ovvero il presunto pagamento in nero e in contanti delle tangenti. In tal senso, si legge sul quotidiano di via Solferino, Russo non avrebbe rifiutato pagamenti estero su estero, mentre Romeo si fidava solo di versamenti in contanti. A un certo punto della conversazione, poi, Romeo chiede a Russo se “il dottore” aveva “apprezzato l’atto”. Per i magistrati queste parole potrebbero essere il segno che il pagamento sia effettivamente avvenuto: per loro quel “dottore”sarebbe Tiziano Renzi, mentre “l’atto” sarebbe il pagamento della mazzetta. Per ora sono solo ipotesi investigative, su cui i diretti interessati con tutta probabilità dovranno rendere conto in corso di interrogatorio. La predilezione di Romeo per il “metodo della mattonella”, del resto, è confermato anche da un particolare riportato sempre dal Corsera: solo nel 2016, l’imprenditore campano ha prelevato 351mila euro in contanti da una banca di Napoli, tramite il cambio con assegni intestati a “me medesimo”. Oltre a questo, secondo gli inquirenti bisogna aggiungere anche i prelievi dagli sportelli bancomat e l’utilizzo dei contanti in nero provenienti dalla sua attività alberghiera. Sempre cash, solo cash.

 

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