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Titoli di Stato, incertezza politica e tensioni con l’Ue fanno volare i rendimenti di quelli italiani e francesi

Il differenziale tra i tassi dei Btp e quelli dei Bund tedeschi nel pomeriggio ha superato i 200 punti, il massimo da febbraio 2014. Secondo Unimpresa, se va avanti così rifinanziare il debito pubblico costerà al Tesoro tra i 12 e i 20 miliardi in più rispetto a quanto preventivato. Impennata anche per i Bonos francesi dopo che Marine Le Pen ha evocato l'uscita dall'Unione e dall'euro
Titoli di Stato, incertezza politica e tensioni con l’Ue fanno volare i rendimenti di quelli italiani e francesi
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Su Parigi pesa l’incertezza politica, con il progresso del Front National (dichiaratamente anti europeista e favorevole all’uscita dall’euro) in vista delle presidenziali di aprile. Su Roma incombe la manovra correttiva chiesta dall’Unione europea, che dovrà essere varata in tempi rapidi da un governo il cui orizzonte di vita non è chiaro. Risultato: i tassi di interesse dei titoli di Stato decennali di Francia e Italia hanno subìto un’impennata, chiudendo la seduta ai massimi dall’autunno 2014, rispettivamente all’1,14 e al 2,36% contro l’1,80 e il 2,25% di venerdì. Il differenziale (spread) rispetto al rendimento degli omologhi tedeschi, i Bund, si è attestato di conseguenza a quota 199 punti per l’Italia e 77,3 per la Francia. Lo spread Btp-Bund, nel pomeriggio, è arrivato a superare i 200 punti per la prima volta dal febbraio 2014, prima dell’insediamento del governo Renzi.

L’impennata dei tassi comporta ovviamente un aumento dei costi che lo Stato affronta per rifinanziare il debito pubblico. E quello italiano, come è noto, ha proporzioni monstre: più di 2.200 miliardi di euro. Così, secondo un’analisi del Centro studi Unimpresa, se lo spread rimanesse a quota 200 punti il conto per l’Italia sarebbe tra i 12 e i 20 miliardi di euro. Il costo del servizio del debito indicato nell’ultimo Documento di economia e finanza è stato pari a 83,8 miliardi nel 2013 e 90,3 miliardi nel 2014, quando il differenziale viaggiava appunto attorno a quota 200 punti base. Nel 2015 la spesa è scesa a 68,2 miliardi e l’anno scorso a 66,4 miliardi. Il governo stima esborsi pari a 63,5 miliardi nel 2017 e 62,5 miliardi nel 2018, ma se la corsa al rialzo dei tassi dovesse proseguire il costo lieviterà.

Il totale dei titoli di Stato in circolazione vale 1.782,6 miliardi. Nel 2017 va rinnovato debito per complessivi 306,7 miliardi, di cui 277,03 miliardi a tasso fisso e 29,7 miliardi a tasso variabile: 96,3 miliardi di Bot, 156,9 miliardi di Btp, 29,7 miliardi di Cct e 23,7 miliardi di Ctz. Nel 2018 arrivano a scadenza altri 176,8 miliardi, 150,6 miliardi a tasso fisso e 26,1 miliardi a tasso variabile: 139,3 miliardi di Btp, 26,1 miliardi di Cct e 11,3 miliardi di Ctz.

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