Oramai c’è sempre un po’ di ritrosia nell’occuparsi della disgrazia quotidiana, con i gravi problemi che ci tiriamo dietro da tempo e non si risolvono (tanto per dare un’idea di grandezza, la disoccupazione giovanile che è tornata a superare il 40%). Sembra in questo modo di disperdere le proprie forze, indirettamente di contribuire alla persistenza di criticità, apparentemente insolubili, legate invece, quasi esclusivamente, alla pochezza della nostra classe dirigente. Così anche una storia da bassissimo impero come la vicenda del sindaco di Verona, che a tutti i costi vuole mettere un coperchio sull’Anfiteatro romano meglio conservato al mondo, per stare in tema, è degna forse più del Seneca satirico della «Zucchificazione dell’imperatore Claudio», che non dello scrittore moralista delle «Lettere a Lucilio». Insomma ci sarebbe da ridere e da girarsi dall’altra parte, se non fosse che spesso in Italia la farsa finisce in tragedia e l’una e l’altra costituiscono gran parte dell’esistenza degli italiani.

Breve riassunto delle precedenti puntate ad uso e consumo dei molti (giustamente) non al corrente delle recenti iniziative del sindaco di Verona, Flavio Tosi. A un anno circa dalla scadenza del proprio mandato, il sindaco di Verona – votatissimo alla prima tornata, un po’ meno alla seconda – in contrasto con le belle parole che al solito avevano ornato il suo programma elettorale, con l’evidente fine di mettere una bella pietra tombale sul passivo (oltre 30 milioni) originato dalla gestione degli uomini da lui messi alla guida dell’Arena, decide repentinamente di liquidare la Fondazione Arena (circa 300 dipendenti stabili) e consegnare le lucrosissime attività liriche estive a un gruppetto di privati.

Nel polverone mediatico che un irrituale diktat del genere dovrebbe scatenare – peraltro respinto meritoriamente dal ministro Franceschini – rientra anche la proposta di coprire l’Anfiteatro, adducendo a giustificazione non solo la possibilità di sanare i bilanci a suo modo di vedere devastati dalle perdite per mancate rappresentazioni causa pioggia, ma anche (udite, udite!) di conservare meglio il preziosissimo monumento romano. E siccome – nonostante il seguito a questa umoristica proposta fosse men che tiepido da parte delle istituzioni pubbliche, come degli uffici preposti e soprattutto da parte della cittadinanza – il sindaco Tosi evidentemente era ancora in grado di trovare qualche sponda che con poca spesa e molto pelo sullo stomaco sostenesse il proprio e altrui marketing alla faccia del decoro pubblico, ecco che fu lanciato e finanziato un concorso di idee per un progetto di copertura dell’Arena, il cui esito in questi giorni è stato reso pubblico e al quale peraltro sarebbe inutile andare a cercare la partecipazione dei più grandi architetti italiani e mondiali (tipo Renzo Piano).

Elogio della follia. Su questa idea del tutto peregrina e per fortuna irrealizzabile, finalizzata a un’operazione mediatica politica (in previsione delle prossime elezioni) e commerciale (Calzedonia spa) a basso costo, va da sé che la cosa più opportuna sarebbe il silenzio, perfino la solita risata cimiteriale potrebbe rappresentare uno spreco. Tuttavia, poiché è notorio che nel nostro paese la più alta percentuale di realizzazione spetta non ai progetti necessari e razionali, ma alle baggianate inutili e convenienti su un piano politico e commerciale, sarebbe meglio cautelarsi, incrociare le dita e tenere d’occhio l’evoluzione dei fatti. Nulla più dell’assurdo è probabile.

Pertanto aggiungiamo, nel nostro piccolo, a quanto di male è già stato detto da tutti su questa idea (a incominciare da Vittorio Sgarbi) per giungere fino a stimati esperti locali che hanno definito l’idea un’«arma di distrazione di massa», che il progetto non ha nessun senso economico. La perdita sui bilanci di Fondazione Arena negli ultimi venti anni generata dalla pioggia e dalla conseguente perdita per i rimborsi, infatti, è estremamente modesta, quasi irrilevante, nell’ordine dello 0,5% sulle rappresentazioni totali. Evidentemente i proponenti puntano a un uso differente dell’Arena, non ai destini del più grande festival lirico all’aperto. Diciamo che per ripagare il costo, pur relativamente basso della copertura prescelta (13,5 milioni costo previsto), a suon di cancellazioni per pioggia, al ritmo del passato, ci vorrebbero più di cento anni. Così tutta questa generosità da parte dello sponsor sorprende e dovremo spiegarcela altrimenti. Anzi, a dirla tutta, verrebbe da chiedersi come mai il patron di Calzedonia, che pure è main sponsor della stagione estiva, non abbia voluto esplicarla prima, e anzi abbia mantenuto il proprio livello di sponsorizzazione decisamente basso, a soli 300 mila euro all’anno, nulla al confronto dei 6 milioni che il collega main sponsor della Scala di Milano versa, dimenticando che nonostante tutto l’Arena di Verona è la seconda fondazione lirica più grande d’Italia.

Ma non esageriamo con le domande e speriamo fiduciosi che il potere della comicità non vada oltre un certo limite.

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