Di lui hanno sempre detto che “non riesce a dire di no”. Il problema di François Hollande è che non esplicita mai chiaramente quello che pensa, in questa sua ossessiva ricerca del compromesso: un po’ sincera, a tratti machiavellica. Ecco, giovedì sera, finalmente, il presidente francese un “no” l’ha detto, chiaro e tondo, senza i soliti “se” o “ma”: non si candiderà alle prossime presidenziali, previste fra cinque mesi.

Dov’è finito il “presidente normale”? – Un salto indietro di quasi cinque anni: il 6 maggio 2012 Hollande s’impone su Nicolas Sarkozy con il 51,6% dei voti. E dire che un anno prima il suo partito, quello socialista, era ancora a rischio esplosione e la sua eventuale elezione considerata alla stregua di fantapolitica. Hollande vinse grazie a un rifiuto generalizzato di Sarkozy, di cui i francesi erano mediamente stanchissimi. Ma anche con un progetto di sinistra riformista che appariva credibile e un esempio per il resto dell’Europa. Non solo: a differenza di un Sarkò “glamour” e superuomo, lui si presentava come un “presidente normale”. Alla fine, però, non è riuscito mai a esserlo davvero presidente, a dare un’impressione di autorità, in anni che, fra gli attentati e la crisi economica, si sono rivelati densi di rabbia e dolori.

Una bocciatura ingiusta? – Secondo un’inchiesta di fine ottobre, la popolarità di Hollande è scesa al 4%. E un ultimo sondaggio prevedeva per lui appena il 7% dei consensi, se si fosse tenuto a stretto giro di ruota il primo turno delle presidenziali. Sono sicuramente questi risultati ad averlo convinto a gettare la spugna: numeri, che alcuni considerano pure un po’ ingiusti. Lavoratore, sostanzialmente onesto (mai lo ha sfiorato uno scandalo finanziario o legato alla preferenza data ai soliti “amici degli amici”), preparato a livello tecnico (soprattutto sulle imposte: si è laureato alla prestigiosa Ena e prima alla più grande scuola di business del paese, Hec), Hollande ha riformato il fisco, aumentando in media le tasse, ma riequilibrando le ingiustizie dell’epoca Sarkozy (le ha ridotte sui ceti bassi, accrescendole per i ricchi). È andato avanti con successo sulla strada del risanamento dei conti pubblici (3,5% di deficit pubblico sul Pil nel 2015 contro il 4,8% nel 2012). Ha realizzato riforme di settore importanti, dalla legge (che funziona) per calmierare gli affitti nelle aree urbane fino a quella sul matrimonio e l’adozione delle coppie omosessuali.

Cos’è mancato?Hollande ha promesso al momento della campagna un programma di sinistra, che si è parzialmente rimangiato in seguito, deludendo una grossa parte del suo elettorato. Il cambiamento di direzione è avvenuto dopo la disfatta dei socialisti alle comunali del marzo 2014 e con la decisione di nominare premier il moderato Manuel Valls. Il divario con l’elettorato tradizionale della sinistra è emerso al momento del dibattito su una legge di riforma del mercato del lavoro (adottata lo scorso 20 luglio), che ha portato i sindacati a bloccare il paese a più riprese con manifestazioni di piazza. Poi, Hollande non ha raccolto le sfide storiche degli ultimi anni, come la possibilità di contrastare la politica di austerità voluta da Angela Merkel (per il suo peso economico solo la Francia avrebbe potuto farlo) e la crisi dei migranti (la Merkel ha portato avanti una politica di solidarietà e più “di sinistra” rispetto a Hollande, preoccupato invece di non urtare il francese medio, sempre più spaventato dall’arrivo degli stranieri). Gli attentati, a partire da quelli di Charlie Hebdo nel gennaio 2015 e ancora di più dopo il 13 novembre successivo, l’hanno convinto a sposare la politica del pugno duro voluta da Valls, fino a proporre (tra i soliti mille “se” o “ma”) la decadenza della nazionalità per i jihadisti, misura poi abbandonata a causa delle polemiche.

Quando la rottura? – Il 10 gennaio 2014 il settimanale di gossip Closer rivelò che Hollande, ufficialmente in coppia con Valérie Trierweiler, aveva in realtà una relazione con una giovane attrice, Julie Gayet, e scorrazzava con uno scooterone per Parigi per raggiungerla nel suo appartamento. Fu un futile incidente di percorso, alla fine solo ridicolo, ma quell’episodio ha rappresentato il primo grande momento di rottura fra il “presidente normale” e l’opinione pubblica, che non lo trovava più autorevole. Fino a quel momento Hollande non aveva compiuto grandi passi falsi e aveva, ad esempio, deciso a livello internazionale l’intervento militare in Mali (nel gennaio 2013) per frenare l’avanzata degli islamisti: un successo da tutti i punti di vista. Dalle peripezie sullo scooterone, invece, iniziò la débâcle. L’isolamento, le indecisioni, quel suo atteggiamento sfuggente di fronte alle sfide della storia che ne hanno fatto il presidente più impopolare della Quinta repubblica francese.

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