Il rientro di Bernardo Provenzano a Corleone sta insomma facendo saltare tutto. Visto dall’alto il paese che Cosa Nostra americana chiamava Tombstone (pietra tombale) sembra quello di sempre. E invece nel segreto delle case, dietro le porte chiuse, dietro i sorrisi di pastori e contadini, si consuma l’ultimo atto. Mentre i 12mila abitanti si preparano stancamente alle elezioni, in primavera ci saranno le politiche e le regionali, il clan del capo dei capi trasforma a poco poco l’evento straordinario (il suo arrivo), in normalità. Preparare i pacchi con il cibo, con i vestiti, comprare i giornali a lui destinati, diventa un affare come tanti altri, come l’alba che ti costringe tutti i giorni ad andare nei campi a lavorare.

Nascosto da qualche parte nelle montagne dell’Alto Belice corleonese, Binu legge e scrive tutto il giorno. Con una calcolatrice Texas, sul retro della quale, una scritta ricorda «un euro uguale a 100 centesimi» e «un euro uguale 1936,27 delle vecchie lire», stabilisce le percentuali delle tangenti da dividere tra le varie famiglie.
Per far passare il tempo ascolta delle audio cassette: Mario Merola, Mina, Claudio Villa, l’Ave Maria di Shubert, la colonna sonora del Padrino parte seconda e, incredibile ma vero, la raccolta de “Le grandi canzoni dei Puffi“. Spesso si rivolge al Signore: con sé porta sempre decine di santini, una bibbia le cui pagine sono ormai consumate dalle sottolineature e dalle note a margine e un breviario. S’intitola: «Pregate, pregate, pregate».

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