Una mano ferma, due colpi di pistola diretti verso la testa. L’ultimo omicidio in provincia di Roma ha una modalità inequivocabile. Un’esecuzione, avvenuta nella tarda serata di ieri nel quartiere nuovo della zona 167 di Velletri, in una domenica con il cinema aperto e la festa del quartiere, con la bancarelle e le famiglie in strada. La vittima, un trentatreenne albanese incensurato, che con la moglie gestiva da tempo una pizzeria al taglio, un locale tranquillo, tipico della periferia della grande area metropolitana della capitale. Gli esecutori sono andati a colpo sicuro, senza tentennare: il killer che scende da uno scooter, punta la pistola e spara. In silenzio. Poi, con il complice, la fuga su uno scooter. Omicidio feroce, avvenuto davanti agli occhi della moglie e della figlia della vittima, raccontano oggi i vicini, con la paura rimasta negli occhi di chi questa mattina ha riaperto le serrande dei negozi a pochi metri dai segni dei rilievi dei carabinieri. “Tre colpi”, racconta chi ha sentito. “Due sulla testa, il terzo verso il negozio, con il killer coperto dal casco integrale”, spiega un negoziante svegliato nella notte per verificare le immagini delle telecamere di sorveglianza.

A Velletri, quaranta chilometri da Roma, è la seconda volta in meno di tre anni. Nel settembre del 2013 sulla via Appia venne ucciso Federico Di Meo, 37 anni, con alcuni colpi di pistola sparati al volto. Anche in quel caso ad agire fu un commando di due persone, arrivate sul posto a bordo di uno scooter. Dopo un anno e mezzo di indagini i carabinieri e la squadra mobile di Roma hanno individuato il killer e il mandante. Ad ordinare quella esecuzione – secondo l’accusa – fu un albanese, Elvis Demce, ritenuto dagli investigatori un componente di un gruppo in grado di controllare una buona fetta del narcotraffico nella provincia di Roma. Un asse che da Velletri portava ad Acilia, dove Arben Zogu, albanese, detto “Riccardino”, in stretti rapporti con Demce, gestiva un giro di spaccio di alto livello, tanto da essere colpito lo scorso anno da un’inchiesta del Gico della Guardia di finanza di Roma per estorsione, illecita concorrenza con minaccia e violenza e traffico internazionale di sostanze stupefacenti, aggravati dalle modalità mafiose.

A quell’indagine è poi seguita una richiesta di confisca per l’organizzazione vicina agli albanesi, collegata con il clan dei Casalesi, gruppo Iovine. Pochi anni prima, nel 2009, sempre a Velletri, un killer uccise Luca De Angelis, detto Tyson, considerato dalle forze di polizia gravitante nel gruppo di Michele Senese, il boss napoletano attivo da anni sulla capitale e sul litorale romano. Due episodi che si inseriscono nella storia di una competizione sempre più cruenta per il controllo dello spaccio nell’area a sud della capitale, dove i locali nei fine settimana sono la meta da sempre della movida, in un’area testa di ponte con la provincia di Latina e il litorale.

Al momento i carabinieri del gruppo di Frascati e della compagnia di Velletri non si sbilanciano sull’ultimo omicidio di domenica sera, anche se le modalità sono apparse subito chiare. Fondamentale è in questa fase riuscire a ricostruire il profilo della vittima. E forse qui c’è la prima particolarità. Mentre nei due precedenti omicidi il legame con il traffico di droga era reso evidente dai precedenti di polizia delle vittime, in questo caso il giovane albanese ucciso non ha mai avuto nessun problema giudiziario. Anche il locale, conosciuto in città ed aperto da circa sei anni, non aveva mai dato particolari problemi. Rimane l’ombra pesante di un omicidio con i segni tipici della criminalità organizzata, su una zona dove gli investimenti e la presenza delle mafie appare sempre di più evidente, tra slot machine sequestrate perché controllate dalla ‘ndrangheta e una piazza di spaccio sempre più contesa.

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