“Sono indignato per il fatto che la chiesa cattolica menta spudoratamente e denuncerò tutto a Papa Francesco”. A ilfattoquotidiano.it il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Campania Cesare Romano esprime tutto il suo rammarico per le dichiarazioni della Curia arcivescovile partenopea e per la querelle innescata dopo la presentazione del dossier sulle violenze sessuali ai danni di minori e sui casi di incesto, che si è tenuta ieri a Napoli. Tutto è partito dalle parole di Romano che ha pubblicamente segnalato “la mancata collaborazione nella raccolta dei dati attraverso la distribuzione di questionari anonimi da parte di molti enti comunali, scuole e della Curia arcivescovile di Napoli”. La risposta della Curia è stata affidata al portavoce del cardinale Crescenzio Sepe, Enzo Piscopo che ad Avvenire ha precisato: “Essendo dati sensibili i parroci non possono comunque divulgarli”. Per poi ribadire che, dopo una prima richiesta di collaborazione, non era più arrivata alcuna comunicazione. Dura la reazione del Garante: “Sono tutte bugie”.

I QUESTIONARI MAI COMPILATI. Durante la presentazione del dossier, Romano ha affermato che “dopo aver garantito una collaborazione all’indagine sul territorio campano, la Curia napoletana non ha mostrato alcun interesse”. I questionari forniti perché fossero distribuiti alle parrocchie sono stati riconsegnati in bianco. “Avevo chiesto alla Curia che distribuisse i questionari assolutamente anonimi a tutte le parrocchie – ha detto – ma io non ne ho ricevuto neppure uno compilato, dopo che mi era invece stata assicurata la piena collaborazione”.

LA LETTERA DI SEPE. Dopo la replica di ieri sulla questione dei dati sensibili, oggi è ancora una volta il portavoce di Sepe a parlare, Enzo Piscopo, che divulga una lettera scritta il 12 luglio 2013 “perché venga portata a conoscenza della pubblica opinione”. Si tratta del testo integrale della lettera che il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, inviò al Garante, dopo che quest’ultimo gli aveva manifestato (con una missiva del 17 giugno) l’intenzione di condurre l’indagine su violenza sessuale e incesto nelle aree maggiormente a rischio, per definire la portata del fenomeno. “A tale riguardo mi viene chiesta la collaborazione della Curia – scriveva Sepe in risposta – che, senza venire codificata in atti formali, può trovare manifestazione ed espressione nel Patrocinio Morale del’Arcidiocesi, che ben volentieri concedo alla iniziativa, per l’alta valenza morale e sociale”.

E aggiungeva il cardinale: “Pur non conoscendo il dato della delicata patologia, posso senz’altro dire che non sfugge alla Chiesa di Napoli l’importanza del progetto che intende sviluppare”. E poi un cenno all’indagine: “Si tratta, pertanto, di lavorare con grande prudenza nel più assoluto rispetto della vittima e della sua fragilità, ma anche di quanti, nell’anonimato, possono offrire collaborazione e utili confidenze”. Per l’iniziativa, infine, Sepe aveva mostrato “compiacimento” accompagnato dall’augurio “di risultati utili e con la speranza che il triste fenomeno non sia tanto incidente e radicato come si può temere”. Oggi scrive il portavoce del cardinale: “A questa lettera, in questi tre anni, non ha fatto seguito alcuna ulteriore comunicazione, a riguardo, da parte del Garante o del suo ufficio. Tanto soltanto per amore della verità”. E Romano non ci sta.

LA REAZIONE DEL GARANTE. “Sono davvero indignato, è una cosa vergognosa” dice a ilfattoquotidiano.it. E spiega: “I questionari erano anonimi e se avessero comportato un problema per la privacy, perché il cardinale non me lo ha fatto presente in quella lettera, dove invece elogiava l’iniziativa?” si domanda ora il Garante dell’Infanzia. Che vuole andare fino in fondo: “Ebbene, cercherò le mail che gli ho inviato per sollecitare la riconsegna di quei questionari, perché non avrei avuto alcun interesse a non farmi più risentire e questo deve essere chiaro”. Ma la polemica si spinge oltre. Anzi, torna indietro. “D’altro canto – racconta il Garante – nonostante li avessimo invitati più volte a partecipare con un rappresentate alle nostre consulte, mai nessuno si è presentato. Ora addirittura ci accusano di non aver fatto sapere più nulla: questo significa dare la colpa agli altri e non assumersi le proprie responsabilità”.

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