Carapelle Calvisio è un minuscolo centro abruzzese a trenta chilometri dall’Aquila, con 85 abitanti effettivi e 67 elettori. Un paese da record: alle elezioni amministrative di giugno corrono, infatti, ben  7 liste, per un totale di 62 candidati. In pratica un candidato per elettore. Ma le stranezze non finiscono qui: quattro di queste sette liste sono composte in larga maggioranza da poliziotti, carabinieri, membri della polizia penitenziaria che risiedono fuori Abruzzo. I candidati consiglieri vengono da Napoli, Barletta, Catania, persino dalla Sardegna profonda.

Un fatto singolare denunciato dal sindaco uscente (ricandidatosi all’ultimo momento), Domenico Di Cesare: “Gli appartenenti alle forze di polizia hanno diritto a trenta giorni di aspettativa retribuita perché la legge vieta loro di prestare servizio durante la campagna elettorale. Nulla da ridire, se le candidature fossero state presentate nei rispettivi Comuni di nascita o di residenza. Molti di loro, però, a Carapelle non ci sono mai stati, e forse ne ignoravano addirittura l’esistenza. È una vergogna, perché tra i candidati c’è chi è di Barletta e lavora a Milano. E intanto si fanno un mese di ferie. Scriverò al prefetto, al ministro Alfano, a tutti i comandi delle forze dell’ordine perché si ponga fine a questa storia”. Gli fa eco uno dei candidati sindaci locali (anche se pure lui lavora fuori), Fabrizio Iannessa, leader della lista “Carapelle Vola”: “Il sindaco ha ragione. Purtroppo è la legge che prevede questa possibilità – racconta a IlFattoQuotidiano.it – ma la mia lista è formata per lo più da giovani residenti a Carapelle”.

Intanto la vicenda approda in Parlamento con un’interrogazione di Gianni Melilla, deputato di Sel: “Anche in occasione di queste elezioni comunali sono tanti i rappresentanti delle forze di polizia che candidandosi usufruiscono di un periodo di trenta giorni di aspettativa retribuita. Si tratta di un evidente privilegio anacronistico e utilizzato strumentalmente. Giace alla Camera una mia proposta di legge di modifica dell’articolo 81 della legge 121 del 1981, che prevede la cancellazione di questo indegno e intollerabile privilegio”. Alla base del pasticciaccio c’è infatti il nuovo Ordinamento dell’amministrazione della Pubblica sicurezza del 1981, che recita: “Gli appartenenti alle forze di polizia candidati a elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento dell’accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale”.

Tra i candidati sindaci a Carapelle Calvisio c’è Roberto Di Pietrantonio. Lui è uno degli appartenenti alla Polizia di Stato additati dal primo cittadino Di Cesare. “La mia “Lista Civica” è composta da nove candidati, di cui soltanto due delle Forze dell’ordine: io e un aspirante consigliere” spiega Di Pietrantonio al IlFattoQuotidiano.it. Ma risiedete a Carapelle? “Nessuno dei miei candidati risiede a Carapelle Calvisio, ma non trovo la questione rilevante perché non prevista dalla legge. E il movimento civico che guido è composto da giovani”, ci dice ancora.

Perché candidarsi in questo paesino sconosciuto? “Abbiamo voluto rispondere all’appello lanciato dal sindaco uscente, che a febbraio invitò i giovani a candidarsi. Inoltre ci interessava fare un’esperienza politica partendo da un Comune di piccole dimensioni”. E a proposito dei trenta giorni di aspettativa retribuita? “Avremmo tranquillamente rinunciato all’aspettativa, ma questa avviene d’ufficio. Proprio al fine di garantire la più onesta e trasparente attività di campagna elettorale senza eventuali ripercussioni o tentativi di distrarre il voto dei cittadini”.

Un anno fa lo stesso Di Pietrantonio si presentò come aspirante sindaco anche a Castelvecchio Calvisio, borgo attaccato e gemello di Carapelle. Corse a capo dell’unica lista candidatasi (la “Tricolore”). Votarono solo in cinque. Lui prese un voto: due schede furono nulle e due bianche, e le elezioni vennero annullate.

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