Il piano, in fondo, era già pronto. Con gli imprenditori disposti a metterci la faccia, e l’idea di smantellare il teatro stabile dell’Arena per far gestire la stagione lirica estiva a “impresari” privati. Mentre la storica fondazione dell’Arena di Verona si inabissa sotto il peso di 32 milioni di debiti, ecco che spunta una nuova società in grado di sostituire l’ente lirico di cui il sindaco Flavio Tosi ha chiesto la liquidazione. Si chiamerà Arena Lirica Spa e i soci fondatori – raccontano i quotidiani L’Arena e il Corriere di Verona – saranno il Comune, la Camera di Commercio, la Fondazione Cariverona e un fondo di investimento che raccoglierà i capitali di privati. Tra le due ipotesi sul tavolo del ministro della Cultura Dario Franceschini, quella della liquidazione coatta della Fondazione Arena e quella del commissariamento dell’ente, la “terza via” della privatizzazione dell’Arena sarebbe stata presentata ai soci della fondazione e al ministero dall’imprenditore siderurgico Giuseppe Manni e dagli avvocati Giovanni Maccagnani (legale del sindaco Tosi) e Lamberto Lambertini. La società organizzerebbe solo tre mesi di opere estive, con contratti a termine, e il laboratorio delle scenografie verrebbe trasformato in cooperativa autonoma.

Una soluzione che ha sconcertato i lavoratori dell’Arena e la delegazione sindacale della Fials, il sindacato autonomo dello spettacolo, che mercoledì ha incontrato a Roma il direttore generale degli spettacoli dal vivo del Mibact, Onofrio Cutaia. I lavoratori, che non percepiranno lo stipendio di marzo “per il perdurare della situazione di illiquidità” dopo la richiesta di liquidazione dell’ente e il conseguente blocco dei fondi del Fus, hanno spiegato al dirigente del Mibact le tappe di una trattativa che sembrava destinata già in partenza a finire male, chiedendo di riaprire il tavolo con dirigenti diversi da quelli attuali per trovare un accordo sull’applicazione della legge Bray per il risanamento e il rilancio della fondazione lirica. La medesima richiesta all’ordine del giorno del consiglio comunale convocato a Verona nella serata di giovedì 14 aprile, su richiesta del consigliere del Pd Michele Bertucco e delle opposizioni: il consiglio avrebbe dovuto votare un invito al sindaco, “quale presidente della Fondazione Arena, a riaprire il tavolo di trattativa al fine di individuare un miglior percorso per garantire il futuro di Fondazione Arena”.

Ma in apertura di seduta Barbara Tosi, sorella del sindaco e capogruppo della Lega in consiglio comunale (posto che mantiene nonostante sia stata espulsa dal partito), ha chiesto di far slittare l’ordine del giorno sul futuro dell’Arena all’ultimo punto della discussione, scatenando la bagarre in aula. Dopo più di un’ora e mezza di confusione, il consiglio è finito con un nulla di fatto per mancanza del numero legale. Al momento della conta mancavano, tra gli altri, il sindaco Tosi e il capogruppo della sua lista, Massimo Piubello.

Un triste spettacolo per una città che sta a cuore anche alla prestigiosa Federazione Internazionale dei Musicisti con sede a Parigi e attiva in più di 65 Paesi, preoccupata per il destino del teatro stabile dell’Arena. Il 13 aprile il suo segretario generale, Benoît Machuel, ha scritto una lettera al ministro Franceschini per chiedere di salvare “il più grande teatro all’aperto d’Europa” e di preservare una “componente chiave dell’eredità culturale italiana ed europea”. Chiudere l’Arena di Verona a causa della cattiva gestione dei dirigenti, sostiene Machuel, sarebbe un atto di “vandalismo culturale”. La decisione ora spetta al ministro Franceschini.

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