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Libia, autorità di Tripoli cedono potere al governo di Sarraj. “Mettiamo fine allo spargimento di sangue”

L'esecutivo di salvezza nazionale di Khalifa al Ghwell ha annunciato di cessare la propria attività in un comunicato. Nodo Tobruk ancora da sciogliere. E intanto è corsa a riapertura ambasciate
Libia, autorità di Tripoli cedono potere al governo di Sarraj. “Mettiamo fine allo spargimento di sangue”
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“Vi informiamo che cessiamo di esercitare le nostre funzioni esecutive, presidenziali e ministeriali”. Con queste parole le autorità di Tripoli del governo di salvezza nazionale di Khalifa al Ghwell – non riconosciute a livello internazionale – hanno annunciato di cedere il potere al governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj.

La notizia rimbalza nella serata quando un comunicato dell’esecutivo dei ‘ribelli’ di al Ghwell annuncia di “cessare le proprie funzioni esecutive, ministeriali e presidenziali per mettere fine allo spargimento di sangue e alla divisione del paese”. Lasciando, di fatto, il potere all’esecutivo Sarraj, sostenuto dalle Nazioni Unite, mentre resta ora il nodo Tobruk.

Il Parlamento di Tobruk – ricostruisce l’Ansa – ha infatti respinto oggi le sanzioni dell’Onu contro Aguila Saleh, il presidente dell’Assemblea che ancora non ha dato alcuna luce verde al governo Sarraj. E il governo di Abdullah al-Thinni, nominato da Tobruk, continua ad alzare muri con il ministero della Giustizia che ha bollato come “illegale” le attività del Consiglio presidenziale.
E, intanto, è corsa alla riapertura delle ambasciate a Tripoli. La Tunisia annuncia il ripristino della sua sede, mentre Parigi vuole farlo “nel più breve tempo possibile”. Nella partita per il ritorno delle rappresentanze della comunità internazionale nella capitale libica anche l’Italia punta a essere tra i primi Paesi occidentali a rimetterci piede.

“Sulla Libia c’è stato un passo in avanti vero, il governo Sarraj è un promettentissimo inizio ma ci andiamo con i piedi di piombo. Speriamo che lavorino nel mondo più inclusivo possibile”, ha detto il premier Matteo Renzi. L’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler è volato oggi nella capitale per incontrare il premier designato Fayez al Sarraj, “per discutere di come andare avanti”, mentre a Tripoli – ancor prima dell’annuncio dei ‘ribellì – saliva il consenso al governo di unità, anche tra la popolazione. “Sono venuto a Tripoli da visitatore ma voglio esserci da residente”, ha scritto l’inviato dell’Onu. E dopo l’incontro con Sarraj e i membri del consiglio presidenziale nella base dove hanno istituito il proprio quartier generale, si è concesso un tour nella città vecchia. “Tripoli deve essere la città della pace nella regione”, ha ribadito il diplomatico tedesco.

In questi giorni Sarraj ha incassato anche il consenso delle municipalità delle principali città libiche dell’ovest, quello della compagnia di Stato per il petrolio (Noc) e della Banca centrale. Nella capitale spuntano i graffiti, “Sì al governo di unità”, dopo la trionfale accoglienza riservata a Sarraj, venerdì scorso, nella piazza dei Martiri (l’ex Piazza Verde di Gheddafi). Sono riapparsi anche gli agenti di polizia, scomparsi nelle ore infuocate di proclami contrapposti della scorsa settimana.

A mediare con i falchi era arrivato anche l’inviato speciale di Recep Tayyp Erdogan – grande sostenitore del Gnc – che lunedì ha incontrato il presidente del Congresso, Nuri Abu Sahmain, ed esponenti del Consiglio presidenziale. Sul tavolo ci sarebbero alcuni emendamenti, cinque, all’accordo di Skhirat, da modificare su indicazione del mufti libico Al-Sadiq Al-Gharyani per conquistare il sì degli oltranzisti.

E’ chiaro che la pressione della comunità internazionale si fa sempre più insistente. Il presidente egiziano Abdel Fattah Sisi ha sostenuto oggi che la comunità internazionale deve trovare una visione congiunta e che è imperativo appoggiare la formazione del governo di intesa nazionale e dell’esercito libico per creare sicurezza e ordine. Una dichiarazione che non è ancora un vero e proprio endorsement esplicito a Sarraj, ma che rivela come anche l’Egitto, primo e più importante sostenitore del generale Khalifa Haftar, sembri orientarsi in queste ore sulla linea auspicata dalle cancellerie occidentali e sancita dalla Conferenza di Roma dello scorso dicembre.

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