Una delle maledizioni del Novecento è stata la diffusione indiscriminata degli antichi, sublimi testi di sapienza orientale in ambienti culturalmente impreparati o pericolosamente predisposti a perniciose manipolazioni ideologiche. Da ciò, spesso, si assiste a improvvide citazioni dai Veda o dalla Bhagavad Gita nei meandri più confusi dell’improbabile sincretismo New Age o, peggio ancora, profuse da esaltati esponenti della destra più estrema.

 

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Non diverso è stato il destino de L’I King-Il Libro dei Mutamenti, un testo dall’eccezionale valore culturale, sovente ridotto a talismano superstizioso. Si tratta, al contrario, di un testo dall’altissima dignità filosofica, per molti alla base di una tradizione millenaria come quella del Taoismo. Tale è la profondità sapienziale del testo, esemplare trattato sull’armonia degli opposti nel costante divenire, che esso ha indubbiamente influenzato l’altra grande tradizione filosofica cinese (solo superficialmente in contrasto con l’insegnamento taoista) cioè la dottrina confuciana. Molti addirittura attribuiscono al sommo Confucio la stesura di una parte del commentario.

L’I King si presenta sotto forma d’oracolo, da interrogare attraverso la combinazione casuale di numeri ricavati dal lancio di tre monete. Dietro l’apparente irrazionalità di tale consultazione, si celano straordinarie connessioni logiche, che hanno affascinato menti filosoficamente rigorose.

Fu Leibniz (il razionalissimo filosofo che definì le funzioni matematiche, posò le basi del calcolo infinitesimale e fu precursore dell’informatica) a introdurre in Occidente il testo. Ma dobbiamo a Carl Gustav Jung se esso è entrato, col dovuto rispetto, nel dibattito culturale del Novecento. Illuminante fu la sua introduzione del 1948 alla storica traduzione di Richard Wilhelm, in cui lo studioso centrava il punto con la sua consueta, cristallina precisione concettuale: “Mentre la mentalità occidentale pone ogni cura nel vagliare, pesare, scegliere, classificare, isolare, l’immagine che il cinese si fa del momento racchiude ogni cosa fino al più minuto e assurdo particolare, perché l’istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti (…) Nell’I King il solo criterio di validità della sincronicità è l’opinione dell’osservatore, per il quale il testo dell’esagramma corrisponde a una fedele riproduzione del suo stato psichico (…). Il metodo dell’I King tiene conto della qualità individuale nascosta nelle cose e negli uomini, come anche nel nostro inconscio”. Fu proprio studiando le combinazioni dell’antico testo sapienziale che lo psicanalista svizzero arrivò a formulare il suo fondamentale concetto di sincronicità: “le coincidenze, che non sono infrequenti, di stati soggettivi e fatti oggettivi che non si possono spiegare causalmente, almeno con le nostre risorse attuali”.

L’I King si impone come il compendio di saggezza millenaria, un microcosmo conchiuso di riflessione universale, i cui echi possiamo trovare nei frammenti rivelatori di Eraclito, nelle più elevate intuizioni del neoplatonismo rinascimentale, fino alle ardenti visioni dell’ultimo Nietzsche.

Ora, l‘autrice MP5 ha pubblicato per la GRRRZ Comic Art Books l’interessante Changes, un libro di illustrazioni in cui i 64 esagrammi (e le relative sentenze oracolari) dell’I King vengono reinterpretati graficamente.

Al di là del probabile omaggio a Bowie (“Guardo i vortici che cambiano forma/ Senza lasciare mai la corrente/ Di calda precarietà”, dice il brano omonimo del libro), si tratta di un interessante “indagine visiva”, un catalogo di variazioni allegoriche, in cui antichi simboli, quali il caduceo o l’ouroborus, ritrovano il loro potente valore figurale, nell’illustrare le verità senza tempo dell’oracolo cinese.

Sconsigliamo la lettura ai fanatici accecati dai dogmi, siano essi le anacronistiche vestigia di religioni al tramonto oppure le false certezze. eguali e contrarie, dell’arrogante razionalismo occidentocentrico. Poiché, come ricordava Jung, “l’I King insiste continuamente sull’importanza di conoscere sè stessi. Il metodo con cui si dovrebbe arrivare a questa conoscenza si presta ad abusi d’ogni genere, e non è fatto, quindi, per le persone frivole e immature; come non è fatto per gli pseudointellettuali e i razionalisti. È adatto solo per persone ponderate e riflessive che si soffermano a pensare su ciò che fanno e sulle esperienze che vivono”.

Un formidabile strumento di introspezione per tutti i ricercatori della verità.

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