Siria, trappola del mondo. Siria, poligono di tiro indiscriminato: come dimostrano i bombardamenti sugli ospedali, le scuole, la popolazione civile. Siria, teatro di menzogne, ambiguità, compromessi, patti scellerati (Mosca che accorre per salvare Assad). Siria, buco nero dell’Occidente. Siria, territorio dove Putin ha campo libero (grazie a Washington). Siria, dove le parole non sono governate dalla grammatica ma dall’irresponsabilità. Siria, dove un rais sanguinario e inaffidabile alla fin fine fa comodo un po’ a tutti: meglio lui che i fanatici tagliagole dello Stato Islamico. Siria, dove le alleanze sono incerte come i confini del Medio Oriente.

Siria, dove si fa guerra per procura. Siria, paradiso dei trafficanti di armi e di droga: vendi la seconda per comprare le prime. Siria, dove le correnti islamiche e quelle dei nazionalismi si scontrano, si confondono e si esaltano nei fanatismi. Siria, dove tutto è in bilico e il destino dell’Occidente è sul filo del rasoio. Siria, che vuol dire Ucraina, crisi dei migranti, ripicca per le sanzioni contro la Russia. Siria, che attizza antiche rivalità: Iran contro Arabia Saudita; Turchia e Arabia Saudita contro russi e iraniani; curdi contro Stato Islamico e Damasco. Siria, per la quale si stipulano accordi improbabili che durano il tempo di leggerli sui giornali: come quello di giovedì scorso, al vertice di Monaco: “Fine delle ostilità entro sette giorni, aiuti umanitari da subito”.

Prendiamo la cronaca, che è sempre sintomatica. Oggi, 15 febbraio dell’anno non di grazia del 2016, succede questo: a Kiev, il primo ministro turco Ahmet Davutoglu accusa la Russia di “comportarsi come un’organizzazione terroristica, forzando la popolazione civile a fuggire. Noi opporremo una risposta estremamente risoluta, se la Russia continuerà a comportarsi così”. La Russia, a sua volta, dichiara di essere “gravemente preoccupata” dai bombardamenti di questo week-end, e denuncia la politica “provocatrice “ di Ankara che costituisce “una minaccia per la pace”.

Lo leggiamo in un comunicato del ministero degli Esteri russo, dove si afferma testualmente: “Mosca esprime la sua più grande preoccupazione di fronte alle azioni aggressive delle autorità turche”. Parole di fuoco, anticamera di blitz militari. Ma oggi, la diplomazia accentua i toni, per valutare i limiti in cui esercitarli. Mentre il premier turco usciva con la sua pesante affermazione, il governo ucraino annunciava il blocco dei transiti commerciali russi sul territorio ucraino. Immediata la replica russa di Medvedev, il primo ministro russo che definiva “indegna” l’iniziativa di Kiev e prometteva un analogo provvedimento contro i trasporti commerciali ucraini in Russia.

Segnali assai poco concilianti, quelli che arrivano dalle periferie conflittuali: la tregua patteggiata a Monaco è vacillata 48 ore dopo. Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha gettato benzina sabato 13 febbraio, truppe di terra in Siria se Russia e Iran violano l’accordo. Intanto, Ankara bombardava i curdi ad Aleppo… Siria, paese di macerie dove si avanza tra veti incrociati, dove si saggiano i margini di tolleranza delle varie cancellerie. Siria, pacchia degli stati maggiore: lì puoi sperimentare le nuove armi e le nuove tattiche; lì misuri l’efficacia tecnologica militare; lì ognuno controlla l’altro. Lì, i gruppi dell’opposizione un giorno sono “legittimi” e il giorno dopo sono da liquidare.

Intanto, Riad ha spostato i caccia nella base aerea di Incirlik, Turchia. E se Obama dice che non ha alcuna intenzione di chiudere il suo secondo mandato presidenziale con una nuova missione bellica (di fatto ha diminuito la presenza militare Usa all’estero), lascia alla Nato il compito di far da sceriffo. Così, l’Alleanza Atlantica sta rinforzando il fronte orientale, poiché l’attitudine russa potrebbe condurre “a una spirale simile a quella della Guerra Fredda”, che poi sono le parole rinfacciate da Putin a Obama. Ed è cronaca di queste ore i tentativi di smussare lo scontro tra Mosca e Washington. E tuttavia, l’attività russa alle frontiere della Nato è aumentata del 70%.

Ma se verifichiamo i numeri, allora scopriamo che se c’è la volontà di rafforzare il fronte orientale e baltico della Nato (l’idea, per esempio, di portare da 200 a 500 i blindati pesanti, utilizzabili nel quadro della nuova forza di reazione rapida) c’è pure la prudenza di non provocare ulteriori scintille con Mosca, per cui mezzi ed effettivi (che passeranno da 4mila a 12mila, a rotazione, per non infrangere gli accordi coi russi) saranno posizionati in Germania. Mentre Washington annuncia: gli Usa invieranno 6 caccia F-15 in Finlandia la prossima primavera, per un’esercitazione che si svolgerà a poco più di 160 chilometri dal confine russo.

I russi, nel frattempo, hanno mostrato i muscoli una volta di più, mobilitando le ennesime grandi manovre alle frontiere con l’Ucraina (7 febbraio): 900 blindati, 200 caccia, 50 navi, 8500 soldati. La difesa russa ha aumentato i cosiddetti snap exercises, ossia le esercitazioni a sorpresa non notificate alle autorità internazionali di vigilanza. Non contenta, Mosca ha bloccato ogni revisione dei documenti di Vienna che, nel quadro dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), prevede, dalla fine della Guerra Fredda, misure di trasparenza reciproche. In termini statistici, nel 2015 la Russia ha effettuato 4mila manovre convenzionali, molte delle quali snap exercises: la più inquietante di tutte è stata la manovra “Trident juncture” dell’ottobre 2015, in cui la Russia ha mobilitato 35mila uomini. La più grande mai effettuata dal crollo del muro di Berlino. Ecco, la Siria è anche questo.

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