Basta la mezza marcia indietro dei relatori al Ddl concorrenza sui risarcimenti dei danni subiti alle vittime degli incidenti per far salire sulle barricate la lobby delle assicurazioni. Che reagiscono con una minaccia trasversale diretta ai consumatori: nuovi rincari dell’Rc auto. Venerdì il presidente dell’Ania, Aldo Minucci, ha infatti diffuso un appello al governo Renzi in cui si dice “molto preoccupato” dalle “voci che indicano che sta per essere approvata una riformulazione dell’articolo 7 del ddl concorrenza presentata dai relatori”. Cioè quello che nella sua penultima versione non solo confermava la volontà di ridurre gli indennizzi, ma prevedeva pure che i nuovi criteri valessero con effetto retroattivo. “Queste modifiche comporterebbero un aumento del costo dei risarcimenti rc auto”, scrive Minucci, “con un inevitabile aumento del prezzo delle polizze“.

Il fatto è che giovedì i relatori del provvedimento Andrea Martella e Silvia Fregolent, vicepresidenti del gruppo Pd a Montecitorio, hanno riscritto l’emendamento all’articolo 7 con alcune novità che hanno fatto saltare sulla sedia Minucci. In particolare, si legge nella proposta di modifica approvata dalle commissione Finanze e Attività produttive alla Camera, potranno essere risarcite per danno biologico permanente le lesioni di lieve entità che abbiano un accertamento clinico strumentale “ovvero visivo, con riferimento alle lesioni quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni“. Una formulazione che sembrava mettere in discussione l’obbligo di accertamento strumentale per chi chiede di essere risarcito per un colpo di frusta, novità introdotta lo scorso anno nel decreto Destinazione Italia per la gioia delle compagnie.

Di qui l’appello a Palazzo Chigi, in cui l’Ania definisce “sorprendente che un provvedimento elaborato e voluto dal governo con lo scopo di ottenere una maggiore trasparenza e informazione a favore degli assicurati della rc auto e di determinare una significativa riduzione dei prezzi delle polizze, per effetto di posizioni demagogiche e interessate si traduca nel risultato opposto, l’aumento del costo dell’assicurazione rc auto”. L’avvocato Marco Bona, esperto di responsabilità civile e risarcimento danni, fa però notare come sia “molto singolare che l’Ania lamenti che a determinare l’emendamento siano state posizioni interessate: forse che le assicurazioni sono disinteressate? E poi non è colpa dei danneggiati se le assicurazioni non trovano conveniente investire sulla lotta alle frodi, rinunciando a denunciare, oppure la giustizia penale è ingolfata. Dovrebbe poi spiegare l’Ania quale connessione abbia la soppressione di diritti delle vittime con la concorrenza, peraltro in un mercato assicurativo concentrato nelle mani di tre o quattro imprese”.

Martella e Fregolent hanno peraltro precisato che l’obbligo di farsi certificare il colpo di frusta con una radiografia o una Tac non viene affatto eliminato. E, come sottolinea Bona, le assicurazioni non dovrebbero avere molto di cui lamentarsi visto che resta invariata “la penalizzazione dei casi in cui, pur nell’esiguità dell’invalidità” causata da un incidente, “l’esistenza di una persona è gravemente compromessa in suoi aspetti importanti (attività lavorativa, attività sportive, svolgimento di hobby, ecc.)”. Ma Minucci ha ritenuto che fosse comunque meglio alzare la voce. Prefigurando rincari, appunto, ma anche deprecando l’intervento di “posizioni interessate” e sostenendo che l’obbligo dell’accertamento attraverso un dispositivo strumentale “aveva permesso una drastica riduzione delle frodi, contribuendo in maniera determinante al calo del 15% dei prezzi delle polizze Rc auto negli ultimi 3 anni”. Poi la richiesta esplicita: “Speriamo che il governo Renzi voglia ritornare al testo originario, difendendo un provvedimento fondamentale per avvicinare il prezzo della Rc auto in Italia a quello degli altri Paesi europei”.

Si attendono ancora reazioni in merito a un’altra modifica che scontenterà le compagnie: è saltata la norma sulla cosiddetta portabilità dei fondi pensione, cioè la norma che eliminava la disparità di trattamento tra diverse tipologie di previdenza complementare, stabilendo che i datori di lavoro avrebbero dovuto garantire quello che in gergo si definisce “contributo datoriale” a tutti i lavoratori, compresi quelli che decidono di passare da un fondo riservato al loro settore a uno “aperto”, gestito da una banca o un’assicurazione. Le commissioni della Camera hanno riscritto la norma introducendo invece “la convocazione di un tavolo di consultazione” con sindacati, organizzazioni datoriali ed esperti di previdenza, con la finalità di “avviare un processo di riforma delle medesime forme pensionistiche”.

 

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