Il prossimo sarà un nuovo fine settimana di incontri al vertice, a Bruxelles, sui “progressi” delle trattative tra Atene e i creditori. Ma progressi, come ammettono tutti i protagonisti, non ce ne sono. E stavolta il rischio di default della Grecia, finora rimasto sottotraccia, è più di un’ipotesi lontana. L’agenzia Reuters rivela che per pagare a fine mese gli stipendi ai dipendenti pubblici e le pensioni il governo Tsipras dovrà raschiare il fondo del barile, usando i circa 2 miliardi di riserve di liquidità superstiti nelle aziende pubbliche, nelle casse previdenziali e presso le amministrazioni regionali. Il “buco” da coprire solo per far fronte a queste uscite obbligate, hanno riferito fonti del ministero delle Finanze, è di 1,6 miliardi di euro. Vale a dire che non rimarranno comunque abbastanza soldi per onorare il rimborso di 950 milioni di euro dovuto, il 12 maggio, al Fondo monetario internazionale.

Lo stesso titolare del dicastero, Yanis Varoufakis, ha d’altronde ammesso che “la liquidità sta finendo”. A poco sono valse le successive rassicurazioni sul fatto che “la Grecia non sta giocando con una possibile Grexit” (l’uscita dall’Eurozona) e le dichiarazioni del premier, che ha ostentato “fiducia” in un accordo con Commissione Ue, Fmi e Banca centrale europea. L’impressione è che il braccio di ferro ingaggiato dall’esecutivo a guida Syriza sia sfuggito di mano e non ci sia più spazio di manovra. Ormai nessuno si aspetta che, come ancora auspicano fonti governative greche, dall’Eurogruppo in calendario a Riga il 24 aprile esca una soluzione definitiva. Le posizioni restano distanti su tutte le riforme che la ex troika, oggi Brussels group, pretende in cambio dello sblocco dell’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi: dalla liberalizzazione del mercato del lavoro alle pensioni, dall’aumento dell’Iva alle privatizzazioni. Venerdì il ministro dell’ambiente e dell’energia, Panagiotis Lafazanis, ha ribadito che la Grecia “non può succhiare altro sangue” dalle sue riserve per pagare i debiti. E ha sottolineato che “Atene non svenderà il Paese e non prenderà altre misure a danno della popolazione” perché ha già “adottato tutte” quelle “necessarie per arrivare ad un accordo che sia in linea col programma di Syriza”. Lunedì poi sarà presentato in Parlamento il disegno di legge per aumentare in due tempi il salari minimo a 751 euro, il livello in vigore fino al 2012, e ripristinare la contrattazione collettiva. Mosse che Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea leggono come una provocazione.

Sulla Grecia “non c’è un piano B”, ha avvertito il commissario europeo agli affari economici Pierre Moscovici, sollecitando Atene ad “accelerare” sul piano di riforme perché l’alternativa è il default. I colloqui con Atene “non sono stati abbastanza precisi”, ha spiegato Moscovici al Financial Times. “Non è che stiamo parlando del nulla, stiamo discutendo ma è arrivato il momento di fare passi avanti”, perché una “Grexit sarebbe un male per l’eurozona, per i greci e per il sistema finanziario”. Un male che però, appunto, non è più così remoto.

A dimostrarlo è l’andamento dei tassi di interesse sui titoli di Stato ellenici, cartina di tornasole della probabilità che i mercati attribuiscono all’insolvenza del Paese: venerdì quelli sui bond decennali sono saliti al massimo da oltre due anni, il 12,8%. A febbraio, nei giorni caldissimi seguiti alla vittoria elettorale del partito di sinistra del nuovo premier, non avevano mai superato l’11,4 per cento. Peggio ancora, il tasso sui titoli a due anni ha sfiorato il 27%, dopo la fiammata del 28% di giovedì. E quando il rendimento di breve periodo è molto più alto di quello a lungo significa che gli investitori si aspettano che nel prossimo futuro il Paese non sia in grado di far fronte ai rimborsi in calendario. La riprova è l’andamento dei credit default swap, in pratica assicurazioni contro il default: il loro valore suggerisce che c’è una probabilità dell’80% che la Grecia di qui a cinque anni non sia in grado di ripagare il suo debito. Come sempre in questi casi, poi, il timore che Atene “salti” sta contagiando anche i tassi di interesse dei titoli delle altre pedine deboli dell’Eurozona. Non è un caso se il tasso dei bond spagnoli a dieci anni è salito di 25 punti base nell’ultima settimana, tornando a quota 1,50%. Quanto all’Italia, il rendimento del Btp, che a marzo era sceso per la prima volta sotto l’1% è balzato venerdì all’1,47 per cento. Al contrario continua a calare il tasso sui Bund tedeschi, classico “rifugio” dei risparmiatori quando la tensione si alza. Quanto ai mercati azionari, tutte le Borse europee hanno chiuso la seduta in negativo, con Piazza Affari a -2,4 per cento.

“Tra giugno, luglio e agosto” l’ammontare dei pagamenti che Atene dovrà effettuare “aumenterà significativamente” e “serve un accordo prima”, ha detto il responsabile del Dipartimento europeo dell’Fmi, Poul Thomsen. Ma per arrivarci, a quell’accordo, “c’è bisogno di un pacchetto di misure complessivo”. Il funzionario del Fondo ha tuttavia escluso la possibilità di un’uscita della Grecia dall’euro, definendo le ipotesi in tal senso unicamente “speculazioni”. Il governo greco, ha affermato, “è stato chiaro dichiarando che è pronto ad assumere ogni misura necessaria per restare” nell’eurozona. Nel frattempo però il Fondo ha definito come “irrealistiche” le stime di crescita per il Paese ritenute valide finora: probabilmente dovranno essere riviste al ribasso. Con il risultato di far crescere ulteriormente il già mostruoso rapporto debito/pil (175%). Nel frattempo Mario Draghi, ha smentito quanto detto da Varoufakis dopo l’incontro tra i due a Washington (“Draghi vuole una soluzione presto per aiutare la Grecia a crescere”. “Non mi fate dire più cose di quelle che ho detto”, ha detto il presidente della Bce.

Sullo sfondo resta la possibilità di un intervento in extremis della Russia, ipotesi che durante la visita di Stato di Tsipras Vladimir Putin non ha confermato ma nemmeno escluso. I partner europei non sembrano crederci: il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, venerdì ha liquidato la questione dicendo che “la Grecia deve rispettare gli accordi per ottenere la tranche di pagamenti” e “Atene è libera di cercare l’aiuto russo, ma potrebbe non ottenere molto”.

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