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Usa, negozianti potranno rifiutarsi di servire clienti gay per motivi religiosi

In Indiana è stato adottato una legge il "Religious Freedom Restoration Act". Proteste da parte delle associazioni Lgbt e del commercio: Salesforce cancella gli appuntamenti nel Paese. Il governatore Pence: "Difendo solo la libertà di religione"
Usa, negozianti potranno rifiutarsi di servire clienti gay per motivi religiosi
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In Indiana (Usa) è stata adottata una legge che permetterà a negozianti e società di rifiutarsi di servire clienti gay in nome della proprie convinzioni religiose. Si tratta del “Religious Freedom Restoration Act” che permetterà, ad esempio, di non vendere una torta per un matrimonio gay, come è successo in Oregon. Ma è subito polemica: e non solo da parte delle associazioni Lgbt ma anche dal mondo degli affari che ha definito il provvedimento una violazione delle leggi basi del business, perché potrebbe portare ad alienarsi potenziali clienti appartenenti, oltretutto, ad un gruppo socialmente e politicamente emergente come i gay.

Il sindaco di Indianapolis, pur repubblicano come il governatore Mike Pence, firmatario della legge, si era espresso contro la misura per timore delle ritorsioni che avrebbe potuto portare all’economia dello Stato. Ritorsioni che puntualmente sono arrivate: gli organizzatori di GenCon, la più grande convention di videogiochi, che l’anno scorso ha portato a Indianapolis 56 mila persone e 50 milioni di dollari, ha già minacciato di spostare altrove l’evento.

Marc Benioff, amministratore delegato della compagnia dell’Hi tech Salesforce, ha cancellato ogni appuntamento nello Stato per evitare “che i nostri clienti o dipendenti possano rischiare di essere discriminati”, scrive su Twitter. Il manager, insieme ad altri sei colleghi ai vertici di compagnia del settore, ha scritto una lettera al governatore chiedendo di mettere il veto alla legge che viola la separazione tra stato e chiesa sancita dalla Costituzione. La Camera del Commercio dell’Indiana ha invece emesso una nota in cui si legge “secondo noi la legge è completamente non necessaria”.

Anche il mondo dello sport ha espresso la sua preoccupazione: la National Collegiate Athletica Association “valuterà le conseguenze della legge e come questa possa influenzare nostri futuri appuntamenti” nello stato, si legge in una nota dell’associazione. Ma il governatore Pence continua a difendere la sua scelta: “Questa legge non ha niente a che vedere con la discriminazione, altrimenti avrei posto il veto. Ho firmato la legge – aggiunge il repubblicano – perché difendo la libertà di religione di ogni cittadino di ogni fede, molte persone di fede sentono che la loro libertà religiosa è sotto attacco per l’azione del governo federale”.

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