Meno anni e più borse di studio, con la riduzione del numero di scuole e una revisione dei programmi didattici. Solo queste le novità principali del piano di riordino delle scuole di specializzazione in medicina, varato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ieri Stefania Giannini ha firmato il decreto atteso da mesi e ampiamente preannunciato da dichiarazioni e annunci delle ultime settimane. In linea con quanto previsto nel resto d’Europa, la durata del percorso di formazione scende in media di un anno: non esisteranno più corsi da sei anni (come in passato Chirurgia generale e Neurochirurgia), ma da tre, quattro o al massimo cinque. La riduzione riguarda 30 scuole su 55, e si accompagnerà ad un parallelo accorpamento di cinque scuole esistenti, mentre due (Medicina aeronautica spaziale e Odontoiatria clinica generale) verranno soppresse.

E proprio questo permetterà di incrementare il numero delle borse di studio: il ministro Giannini ha parlato di 700 posti in più rispetto al contingente di base. L’anno scorso i posti messi a disposizione erano stati 5.500, anche grazie ad uno sforzo supplementare del governo rispetto alla previsione iniziale: ammesso di riuscire a confermare tutte le risorse del 2014, le borse dovrebbero essere più di 6mila. Una cifra comunque distante dalle richieste degli studenti, che chiedono di equiparare i posti al numero di laureati sfornato dalle università (l’anno scorso gli iscritti ai test d’ammissione erano circa 12mila) o quantomeno al fabbisogno stimato dalle Regioni (intorno alle 8mila unità). Anche perché secondo le associazioni di categoria dalla riduzione della durata dei corsi si recuperano più risorse di quelle annunciate dal governo: per As.Mo.Med ci sarebbero i fondi per almeno 3mila borse in più, con un incremento nel medio-lungo termine del 20-25%. Mentre nel decreto non si fa alcun cenno allo sfortunato esito dell’ultimo concorso e dei tanti ricorsi degli esclusi: evidentemente la posizione del Ministero resta quella di tirar dritto per la propria strada, ignorando la richiesta di una sanatoria.

Adesso il decreto passa al Ministero della Salute, mentre il Miur si concentrerà sul bando per il prossimo concorso (nonostante le graduatorie dell’ultimo siano ancora lontane dall’essere esaurite: lo scorrimento è fermo all’80% su scala nazionale, con gravi ritardi in alcuni atenei del Sud). La Giannini ha ribadito la data del 28 febbraio come termine ultimo per la pubblicazione, con le prime prove da svolgere non prima di 60 giorni, quindi forse già ad aprile. Una data che se fosse confermata rappresenterebbe una novità positiva rispetto allo scorso anno, quando i test erano slittati in autunno. La primavera è vicina, però, e infatti il ministro chiede agli atenei “di rivedere a tempo di record gli ordinamenti”. Senza dimenticare che sul tavolo dei due Ministeri c’è anche la riforma dei luoghi di formazione degli specializzandi, con l’idea di ampliare la rete delle strutture anche agli ospedali regionali, aumentando lo spazio della pratica in corsia per i giovani medici. Ma su questo, nonostante la decisione del governo e il favore delle Regioni, la trattativa con le università è ancora lunga.

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