Nei giorni in cui il governo italiano è riuscito a liberare dopo una lunga trattativa Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, prigioniere per 6 mesi nelle mani dei miliziani jihadisti siriani del Fronte al-Nusra, il Pentagono fa sapere che invierà 400 addestratori e centinaia di militari in Siria per preparare ed equipaggiare i cosiddetti ribelli “moderati”. L’obiettivo dell’amministrazione è quello di formare nuovi combattenti che possano opporsi ai gruppi estremisti che operano nella zona (Stato Islamico e Al Nusra), ma la decisione, contestata da una buona parte della politica americana, rischia di favorire proprio quei movimenti che, nelle intenzioni, si vorrebbero sconfiggere.

Il Congresso statunitense ha bocciato la richiesta del presidente Barack Obama di stanziare altri 500 milioni di dollari per finanziare i combattenti dell’Esercito siriano libero, (Esl), ma la volontà del presidente statunitense di sfruttare l’aiuto dei combattenti “moderati” lo ha portato ad ottenere l’ok per un addesramento mirato per tutti quei profili considerati idonei a combattere gli estremisti. Prima di essere accettati al periodo di “training” ideato dall’esercito americano, i combattenti siriani dovranno superare, infatti, dei test psicologici che ne testino l’idoneità.

Le precauzioni adottate dall’amministrazione e dal Dipartimento della Difesa americano, però, rischiano di non essere sufficienti, come successo in passato, per evitare che mezzi e addestramento finiscano per favorire i gruppi jihadisti. Sono tre gli aspetti fondamentali da tenere in considerazione per evitare di aiutare Isis e al-Nusra. Il primo riguarda l’equipaggiamento in mano ai miliziani dell’Esl: tutti i materiali forniti dall’esercito statunitense rimarranno ai combattenti, che potrebbero usarli per alimentare la guerra civile in corso nel Paese contro il regime di Bashar al-Assad. Questo aspetto diventa più preoccupante se si pensa che già in passato, ma anche negli ultimi tempi, molti appartenenti all’Esercito siriano libero hanno vissuto un processo di radicalizzazione, attirati dalla “migliore offerta” di vita dei gruppi jihadisti e dal maggiore impegno, a loro giudizio, messo in campo da questi nella lotta al regime di Assad. Questo ha portato alcuni componenti del gruppo “moderato”, soprattutto i più giovani, ad uscire dall’Esl per entrare nello Stato islamico o nel fronte al-Nusra, collegato ad Al Qaeda. In questo modo, un eventuale addestramento da parte di un esercito regolare e il possesso di nuovo materiale aumenterebbero la forza militare dei gruppi terroristici. Considerando, poi, un terzo aspetto: che il confine tra ribelli moderati e combattenti jihadisti, in Siria, non è così definito.

A rivelare quest’ultimo aspetto è stata l’inchiesta di Seymour Hersh, pubblicata dalla London Review of Books, riferita alla cosiddetta “rat line“. Si tratta di un canale di rifornimenti creato da Cia, MI6 (servizi segreti britannici) e servizi segreti turchi che partiva dalla Libia, attraversava la Turchia e arrivava nelle aree gestite dai ribelli siriani, fornendo soldi e armi alle forze che combattevano il regime dell’attuale presidente, Bashar al-Assad. Materiale che, poi, è finito nelle mani del Fronte al-Nusra che combatteva al fianco dell’Esl nella lotta al regime siriano.

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