Quella storia dei boxer rubati al supermercato altro non è stata che “una trappola” per screditarlo quando aveva iniziato a dire ciò che sapeva sul Pirata. Per Renato Vallanzasca, il bandito milanese, pluriomicida e condannato a 4 ergastoli, accusato di avere sottratto lo scorso 13 giugno delle mutande in un negozio milanese mentre era in semilibertà, non ci sono dubbi. “In epoca contestuale al mio arresto è andata prendendo sempre più quota l’inchiesta sull’esclusione di Marco Pantani dal Giro d’Italia”, scrive Vallanzasca in una istanza inviata al giudice Ilaria Simi De Burgis e al pm Angelo Renna. Venerdì mattina infatti il giudice del tribunale di Milano, che lo sta processando per direttissima, potrebbe già emettere la sua sentenza: una eventuale condanna per il furtarello potrebbe significare passare il resto dei suoi giorni in galera e perdere definitivamente i benefici di semilibertà.

Il pluri-ergastolano, nella sua lettera al giudice chiede principalmente di essere messo a confronto con il vigilante del negozio, principale teste. Poi ripercorre la vicenda della nuova inchiesta su Pantani che lo vede protagonista. Quella del procuratore di Forlì, Sergio Sottani, che sta indagando sulla squalifica di Pantani al Giro d’Italia nel 1999: “A quanto mi è dato di capire si tratta di un’inchiesta che non riguarda solamente i malavitosi, ma anche professionisti o comunque soggetti appartenenti ad ambiti istituzionali. Quell’inchiesta – spiega Vallanzasca – oltretutto è legata a un’altra inchiesta relativa alla morte di Pantani”. E qui l’ipotesi del complotto, secondo René, si fa chiara: “Come non pensare che possa esistere qualcuno di potenzialmente interessato a discreditare la mia persona, sapendo che io in quella inchiesta, mio malgrado, ho assunto un ruolo importante?”.

Insomma per Vallanzasca, che 20 giorni fa è stato sentito proprio dai carabinieri di Forlì, inviati a Milano, nel carcere di Opera, dal procuratore Sottani, non ci sono dubbi: “Come screditarmi maggiormente se non spedendomi in galera per un furto di mutande? Peccato solo che abbiano sbagliato taglia”. Lo scorso 21 ottobre l’ex capo della banda della Comasina ha spiegato ai Carabinieri di Forlì, pur senza mai fare nomi, che nel 2009 nel carcere di Novara, pochi giorni prima che fermassero Marco Pantani a Madonna di Campiglio, un personaggio del carcere lo aveva avvicinato: “Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo… per questo mi sento di farti un favore”, avrebbe detto il misterioso compagno di galera. Poi, secondo il racconto dell’ex capo della banda della Comasina, il detenuto proseguì: “Hai qualche milione da buttare? Se sì, puntalo sul vincitore del Giro. Non so chi vincerà, ma sicuramente non sarà Pantani”.

Da qui l’ipotesi, ora battuta dalla procura della Repubblica di Forlì, che dietro l’esclusione di Pantani dal Giro del 1999 che stava per vincere, ci fosse l’ombra delle scommesse clandestine. E ora gli investigatori romagnoli hanno già ascoltato quella persona che avvicinò René. L’inchiesta va avanti. Ma nel frattempo il processo per le mutande, con l’imputazione di rapina impropria, continua. “Insomma signor giudice l’unica possibilità che mi rimane per potermi difendere e il confronto con il vigilante. La prego di non negarmi questa possibilità perché altrimenti sarei costretto a morire in galera senza avere la minima responsabilità”. Poi l’imputato ribadisce la sua innocenza: “Ho chiesto al mio difensore di far recapitare queste mie richieste anche al pubblico ministero di Milano e a quello di Forlì perché tutti sappiamo che io mi reputo innocente e perché la mia innocenza sono sicuro che potrà risultare solo da una valutazione unitaria di tutte le vicende che mi riguardano”.

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