A nove giorni dall’appuntamento con le urne per l’indipendenza della Scozia, l’establishment politico inglese si mobilita per evitare una vittoria del fronte indipendentista. A Londra la paura di una vittoria del sì nel referendum del 18 settembre scuote le istituzioni centrali: lo si legge nei gesti del premier britannico David Cameron, che lancia appelli agli scozzesi affinché restino nell’Unione e domani vola ad Edimburgo insieme al suo vice Nick Clegg. E mentre gli ultimi sondaggi danno indipendentisti e unionisti testa a testa, il primo ministro scozzese Alex Salmond resta forte delle proiezioni che lo scorso weekend avevano visto gli indipendentisti volare al 51%. “I sondaggi del fine settimana, che hanno causato così tanto panico tra i sostenitori della campagna per il ‘No’ dimostrano che l’indipendenza è l’opzione più popolare” ha detto il primo ministro scozzese, aggiungendo che le proposte fatte all’ultimo minuto da politici britannici sulla possibilità di concedere alla Scozia più poteri per governarsi a patto che resti nell’Unione, per il leader scozzese sono “un segno della totale disintegrazione della campagna per il ‘No'”.

Cameron: “Più poteri agli scozzesi se restano nell’Unione”
“Il nostro messaggio ai cittadini scozzesi sarà semplice: vogliamo che restiate con noi“. È l’appello che il premier britannico David Cameron, il vice primo ministro Nick Clegg e il leader del partito laburista Ed Miliband hanno rivolto agli scozzesi. “C’è molto che ci divide – hanno scritto in un comunicato congiunto pubblicato su Facebook – ma su una cosa siamo d’accordo con passione: il Regno Unito è migliore se resta insieme”. Per questo, i tre saranno domani 10 settembre in Scozia per fare campagna a favore del mantenimento dell’Unione. “Tutti noi siamo d’accordo che il posto giusto per noi domani è in Scozia, non a Westminster per il question time”. Il premier britannico ha poi aggiunto che farà il possibile per mantenere insieme il Regno Unito: “Faremo tutti i passi necessari per garantire che gli scozzesi sappiano che possono avere il meglio dei due mondi, più poteri per governarsi ma restando all’interno del Regno Unito”. Una battaglia, quella per la Scozia, che il Regno Unito combatte anche a suon di simboli. Ed è così che la bandiera della Scozia (il Saltire) sventolerà su Downing Street insieme insieme alla Union Jack, il vessillo britannico, mentre il leader laburista Ed Miliband ha invitato città e villaggi ad esporre la bandiera scozzese per manifestare sostegno al mantenimento dell’Unione. 

Buckingham palace: “La regina è super partes”
Non sarebbero mancate le pressioni sul primo ministro britannico affinché chiedesse alla regina in persona di intervenire nel dibattito. Lo scrive il Daily Telegraph, sottolineando che sarebbero stati parlamentari sia dei partiti di governo sia dell’opposizione a chiedere che il premier si rivolga a Elisabetta II per un aiuto nel tentativo di convincere gli scozzesi a rimanere nel Regno Unito. La risposta di Elisabetta non si è fatta attendere: “La regina è sopra le parti. Ogni indicazione che la sovrana possa voler influenzare la campagna referendaria è categoricamente sbagliata. Sua Maestà è ferma nell’avviso che la questione riguardi il popolo della Scozia”, ha fatto sapere Buckingham Palace. “L’imparzialità costituzionale della sovrana è un saldo principio della nostra democrazia come la regina ha dimostrato nel corso del suo regno”, ha precisato un portavoce di Buckingham Palace “per cui, la regina è sopra la politica e coloro che ricoprono ruoli politici hanno il dovere di garantirlo. Qualsiasi allusione la fatto che la regina possa voler influenzare l’esito della campagna referendaria è categoricamente sbagliata. Sua maestà è semplicemente dell’avviso che questa sia una questione riguardante il popolo della Scozia”.

Dopo l’impennata degli indipendentisti, ora i due fronti sono testa a testa
A nove giorni di distanza dallo storico referendum, gli ultimi sondaggi danno indipendentisti e unionisti testa a testa: secondo Tns, il fronte del “Sì” registra il 38% mentre quello del “No” il 39%, con il 23% di indecisi. È il primo rilevamento reso noto dopo le cifre shock emerse la scorsa domenica in un sondaggio YouGov che per la prima volta ha visto gli indipendentisti in testa con il 51%, e gli unionisti al 49% (con l’esclusione degli indecisi). Forte dei sondaggi, il nazionalista Salmond si mostra sicuro nella sua marcia verso le urne e respinge le proposte di maggiore autonomia presentate dagli unioni bollandole come “niente di nuovo“. Hanno “solo rimpacchettato quanto già detto e già proposto” ha detto il leader dell’Snp che guida la campagna per il “Sì”, in risposta alla iniziativa dei tre principali partiti mostratisi compatti nell’appoggiare il piano per riconoscere maggiori poteri al parlamento scozzese nel caso di vittoria del “No”. Una promessa di cui si è fatto portavoce l’ex primo ministro laburista Gordon Brown con la benedizionè del premier conservatore David Cameron, in quella che viene però descritta dagli indipendentisti come una “reazione dettata dal panico“. 

Credit Suisse: “Se vince il ‘Sì’, ci sarà forte recessione”
In caso di una vittoria del fronte indipendentista, sono fosche le previsioni che arrivano dai ricercatori di Credit Suisse, che dipingono “povero” il futuro di una “nuova” Scozia che si ritroverebbe presto a fronteggiare una pesantissima crisi economica con rischio di svuotamento dei conti correnti. Per gli analisti elvetici peraltro, nonostante gli ultimi sondaggi diano il “Sì” in vantaggio, la secessione è ancora improbabile. A livello di economia reale, le criticità maggiori sarebbero date dalla quasi certa “ri-localizzazione” in Inghilterra di molti servizi finanziari e pubblici, con conseguente perdita di posti di lavoro, e dalle dispute legali per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mare del Nord. Per ritrovare competitività, stima la banca, l’economia dovrebbe svalutarsi tra il 10% e il 20%, con una conseguente riduzione dei salari tra il 5% e il 10%. A livello di valute, invece, non è ancora chiaro cosa sceglierà la Scozia ma, se ci sarà una nuova moneta, la divisa sarà subito fortemente svalutata e sembra esclusa la possibilità di richiesta di adesione all’euro. Anche la sterlina comunque subirebbe un contraccolpo in caso di vittoria del fronte del “Sì”, con un calo della quotazione sul dollaro da 1,6 a 1,5 circa. Quello della Credit Suisse non è l’unico studio che vede l’indipendenza scozzese come causa di conseguenze disastrose per l’economia del Paese. Mercoledì 3 settembre, la banca d’affari Goldman Sachs ha diffuso uno studio, effettuato dal capo della ricerca economica, nel quale si parla di “conseguenze disastrose” per l’economia scozzese nel caso di indipendenza. 

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