“Occorrerebbe servirsi delle possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell’UE per conciliare la disciplina di bilancio e l’esigenza di sostenere la crescita […] e prestare particolare attenzione a riforme strutturali che potenzino la crescita […], anche attraverso un’adeguata valutazione delle misure di bilancio e delle riforme strutturali, sfruttando al meglio, nel contempo, la flessibilità insita nelle norme esistenti del patto di stabilità e crescita”.

Queste poche righe, tratte dalle sintesi ufficiale del vertice europeo di Yprase che ha visto, come atteso, la nomina di Juncker a presidente della Commissione europea, rappresentano il bottino, nero su bianco, portato a casa dal nostro premier Renzi. Si tratta in tutta evidenza di un risultato molto più magro di quello descritto dallo stesso Presidente del Consiglio e rappresentato con enfasi da gran parte dei media italiani.

Appare chiara, infatti, la genericità del richiamo a utilizzare maggiore flessibilità nei confronti di paesi che dimostrino di realizzare riforme strutturali. Ma allo stesso tempo è indiscutibile come nel documento ufficiale redatto al termine del summit europeo si faccia riferimento alla eventualità e non già alla certezza di mettere in campo politiche con cui conciliare rigore di bilancio e crescita.

D’altra parte è stato lo stesso Walter Steinmeier, ministro degli esteri tedesco, ad aver chiarito nelle scorse ore che «è anche emerso chiaramente come nessuno punta ad un ammorbidimento delle regole europee».

Non deve però sorprendere che il cavallo di battaglia del governo italiano abbia avuto così poco peso quantitativo (5 righe in 22 pagine di documento) e nella sostanza in seno alle conclusioni del vertice. Perché il contenuto di esse ricalca in gran parte quello del programma messo a punto dal neopresidente della Commissione europea. Che addirittura, nel suo documento, non fa nemmeno un accenno allo scambio flessibilità-riforme.

“Da presidente della Commmissione europea, mi impegnerò per attuare cinque priorità”, scrive Juncker nel suo blog. “La mia prima priorità – prosegue Juncker – sarà far sì che le politiche che servono a creare crescita ed occupazione siano al centro dell’agenda politica della prossima Commissione europea”. Ed a questo punto ci si aspetterebbe che si facesse riferimento esplicito al nodo del rapporto tra vincoli di bilancio e riforme, tanto caro al nostro premier. Ma Juncker pare avere idee diverse, perché a suo avviso “per fare tutto ciò, abbiamo bisogno di un ingrediente chiave: dobbiamo creare un mercato unico digitale per consumatori ed imprese, sfruttando le grandi opportunità delle tecnologie digitali, che non hanno limiti […] abbattendo le barriere nazionali in materia di regolamentazione del sistema delle telecomunicazioni, diritto d’autore e protezione dei dati, gestione delle frequenze radiofoniche e diritto della concorrenza”. Questa è la via, secondo il neopresidente della Commissione, per dare il la ad “una crescita aggiuntiva di 500 miliardi di euro in Europa […] , creando così centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro e, inoltre, una società attiva fondata sulla conoscenza”.

Sono poi altre quattro le priorità enunciate da Juncker: la riforma e riorganizzazione della politica energetica europea in una nuova Unione energetica europea capace di diversificare le nostre fonti di energia e ridurre la dipendenza energetica di molti dei nostri Stati membri; la negoziazione di un “accordo commerciale ragionevole ed equilibrato con gli Stati Uniti”considerando, argomenta Juncker, come sia “anacronostico che, nel 21esimo secolo, Europei ed Americani ancora impongano dazi doganali sui rispettivi prodotti”; la riforma dell’unione monetaria, consolidando edintegrando le misure straordinarie prese durante la crisi, per semplificarle, renderle socialmente più legittime e in ciò facendo una valutazione non solo di sostenibilità fiscale ma anche dell’impatto sociale di ogni programma di sostegno ai paesi bisognosi. La quinta priorità, per il capo della Commissione, “sarà quella di dare una risposta alla questione britannica”: “nessun politico ragionevole – puntualizza il leader belga – può ignorare il fatto che, nel corso dei prossimi cinque anni, dovremo trovare soluzioni per le preoccupazioni politiche del Regno Unito […], un accordo che accetti le specificità del Regno Unito nell’UE, pur permettendo all’eurozona di proseguire nel processo di integrazione”.

Insomma, di fronte ad indicazioni programmatiche fatte proprie a Ypras dai 26 rappresentanti dei rispettivi paesi e che trovano ampia conferma nel documento messo a punto da Juncker, sono davvero fuori luogo i toni trionfalistici di Matteo Renzi. Per il quale la trattativa nelle prossime settimane con i partner dell’eurozona, tesa ad ottenere maggiore flessibilità in cambio di riforme, appare decisamente in salita.

@albcrepaldi

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