“Se Giovanni Bazoli avesse un briciolo di dignità, dovrebbe chiedere scusa agli italiani e dimettersi immediatamente da ogni incarico pubblico”. Il patron della Tod’s è così tornato ad attaccare l’ultimo “arzillo vecchietto”, come aveva definito anni fa il presidente di Intesa Sanpaolo. All’epoca, però, l’oggetto del contendere era il Corriere della Sera, oggi a suscitare gli strali dell’imprenditore marchigiano è invece il caso Ubi Banca. Quello che vede il banchiere 81enne indagato dalla Procura di Bergamo per ostacolo alle funzioni di vigilanza insieme al presidente del consiglio di gestione di Ubi-Franco Polotti, al presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e al vicepresidente Mario Cera, oltre che ai consiglieri dell’istituto Victor Massiah e Italo Lucchini

“Le notizie sconcertanti che emergono da alcuni organi di stampa ( pochi purtroppo) sul suo operato e su quello di altri suoi compari, non possono passare inosservate e tanto meno rimanere impunite – ha aggiunto Della Valle -Vedere come ha utilizzato il suo potere ed il suo mondo di relazioni trasversali per fare i suoi interessi e per agevolare e favorire figli e parenti è scandaloso”. 

Chiaro il riferimento al caso Ubi dove il conflitto d’interessi è grande quanto una casa. Anzi no quanto una famiglia. O forse due. E pure allargate. Un nucleo di parenti e affini attorno cui ruotano diverse poltrone chiave della banca guidata da Victor Massiah. E che fanno perno su due dinastie: quella bresciana dei Bazoli, appunto e quella bergamasca degli Zanetti. Le stesse attorno alle quali si sviluppa l’indagine del pm Fabio Pelosi per chiarire se e come le due associazioni degli azionisti, la bergamasca Amici di Ubi, presieduta da Zanetti, e l’Associazione Banca Lombarda Piemontese, fondata da Bazoli, hanno stretto un patto occulto per la gestione dell’istituto di credito.

Solo a guardare gli incarichi di parenti ed amici dei due banchieri emerge, infatti, una fitta rete di relazioni umane e professionali che si intrecciano con le operazioni fatte dalla banca. Come l’aumento nella partecipazione di Iwbank del 4 marzo 2009. Un’ operazione “discriminante per i piccoli risparmiatori”, come spiegava Il Sole24Ore dell’epoca, con un ruolo di primo piano per la Medinvest, la merchant bank di Mario Massari, professore della Bocconi che ha sposato Laura Zanetti, figlia dell’ex numero uno di Ubi, Emilio Zanetti. Massari del resto è un uomo importante nella banca di suo suocero con incarichi di prestigio come la presidenza della Twice sim e della Twice sim research fino al completamento dell’integrazione in IW bank. Ma è anche un professionista con tanti impegni in cda di società lombarde con incarichi delicati come quello di sindaco della San raffaele srl, società che provocherà più danni che benefici ad Ubi.

Più defilato è invece il ruolo dei figli di Zanetti. Matteo, entrato a marzo nel cda della Popolare di Bergamo dopo aver già fatto parte del consiglio della controllata commercio e industria. Laura, invece, insegna alla Bocconi e non ha incarichi in banca. Ma siede nel consiglio di amministrazione della Italmobiliare dell’amico di famiglia, Giampiero Pesenti, chiamato in causa dalle indagini bergamasche per il leasing finalizzato all’acquisto di una imbarcazione, oltre che nel cda della Alerion del  finanziere Giuseppe Garofalo.

Se questo è il quadro per parte bergamasca, la situazione non è molto diversa sul fronte bresciano dove però è  Bazoli a farla da padrone. Per mano dell’imprenditore del vino, Alberto Folonari, imparentato con Beatrice Folonari, madre del banchiere. Folonari tiene salde le redini di Ubi dal 2007 quando ha conquistato la poltrona di vicepresidente del consiglio di sorveglianza di Ubi. E’ anche componente del comitato nomine Ubibanca e della ristretta cerchia dei decisori del comitato remunerazione dell’istituto di credito presieduto da Andrea Moltrasio.

Folonari è un uomo strategico nell’ “organigramma” di Ubi delineato da Bazoli la cui figlia Francesca è vicepresidente di Ubi Leasing, consigliere di Ubi sistemi e servizi e del banco di Brescia. Ma non il solo uomo di fiducia di Bazoli in Ubi come raccontano i verbali degli interrogatori resi fra ottobre e novembre 2013 da Giorgio Jannone, numero uno delle Cartiere Pigna e grande avversario del duo Zanetti-Bazoli, anche lui indagato per false comunicazioni sociali. Nelle carte degli interrogatori riportate venerdì da Repubblica, Iannone racconta degli incassi della Medinvest di Massari per l’operazione IwBank ma anche delle consulenze legali affidate da Ubi al genero di Bazoli, Gregorio Gitti. Dopo aver inanellato i Ubi diverse poltrone fra Ubi Finance e Lombarda Lease Finance, Gitti ha deciso poi di entrare in politica con Mario Monti e la sua Scelta Civica, oggi Per l’Italia. Ma nella sua storia, come in quella di tutti i parenti e gli amici, ce n’è abbastanza per far sorgere più di un dubbio sul tema dei conflitti di interesse in una banca che di popolare sembra ormai avere solo il nome.

 Tanto basta, in ogni caso, a far lanciare un nuovo anatema a Della Valle. “Se dobbiamo credere ad un nuovo corso politico, dove tutti i cittadini siano considerati giustamente uguali, il caso Bazoli sarà il vero esempio da usare per capire se veramente si vuol cambiare, allontanando un certo mondo che ha fatto enormi danni al Paese – ha concluso l’imprenditore -. Se questo signore ed i suoi sodali rimarranno al loro posto vorrà dire che nulla cambia veramente e che la questione morale, ancora prima di quella giudiziaria, viene valutata con pesi e misure diversi. Sarebbe una vera vergogna. I cittadini italiani perbene non meritano di subire altri scandali  e soprattutto non meritano di vedere che, se a commetterli sono persone potenti, tutto passa nel dimenticatoio”.

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