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Juan Carlos abdica, in alcuni comuni sventolano già le bandiere repubblicane

“È ora di passare alla terza Repubblica”, dicono all’unisono forze politiche come Izquierda Unida, Equo e Podemos, il nuovo partito che ha già conquistato quasi l’8 per cento degli spagnoli. Dopo la sorpresa, parte degli spagnoli stanno già discutendo su questo: scegliere tra monarchia o repubblica. Ed è già stata indetta una manifestazione alle 20 non solo nella storica Puerta del Sol di Madrid
Juan Carlos abdica, in alcuni comuni sventolano già le bandiere repubblicane
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In alcuni comuni sparsi per la Spagna sventolano già le bandiere repubblicane. Il re abdica ed “è ora di passare alla terza Repubblica”, dicono all’unisono forze politiche come Izquierda Unida, Equo e Podemos, il nuovo partito che ha già conquistato quasi l’8 per cento degli spagnoli.

Terza Repubblica? Come spiega a El Diario il professore di Filosofia del diritto Rafael Escudero, ci sarebbe la possibilità di “referendum consultivo” sul modello di Stato, dove i cittadini decidano tra monarchia e repubblica. Dopo la sorpresa di stamattina, parte degli spagnoli stanno già discutendo su questo: scegliere tra monarchia o repubblica. E stasera è già stata indetta una manifestazione alle 20 non solo nella storica Puerta del Sol di Madrid, ma anche in altre città iberiche, pronte a mettere sul tavolo la questione. “Noi spagnoli abbiamo diritto di decidere sul nostro futuro; per questo vogliamo votare” ha detto Pablo Igesias, leader di Podemos. Anche Willy Meyer, a capo di Izquierda Unida, ha ribadito a Efe, l’agenzia di stampa iberica, che “la democrazia del XXI secolo esige un referendum vincolate per decidere tra repubblica o monarchia”. “Né Juan Carlos! Né Felipe!” è stato invece il grido unanime degli indipendentisti in Catalogna. Poi Artur Mas, presidente della Generalitat, ha fatto saper che tutto questo non compromettere il referendum di Barcellona.

La legge di successione che non c’è. Oggi il dramma di Juan Carlos è finito. Il re abdica. Ma non può. C’è di mezzo una legge rimasta in sospeso fin dall’approvazione della Costituzione spagnola nel 1978. L’articolo 57.5 stabilisce che “Abdicazioni e rinunce e qualsiasi dubbio di fatto o di diritto che possono sorgere in ordine di successione alla Corona saranno risolte da una legge”. Che manca. Per questo il presidente del governo Mariano Rajoy ha già preso in mano la situazione per varare la norma: una procedura legislativa che sarà veloce, vista la maggioranza assoluta del partito al governo. “Domani sarà convocato un Consiglio dei ministri straordinario. Sarà necessario approvare una legge specifica come segnala l’articolo 57.5 della Costituzione”, ha fatto sapere dalla Moncloa. Rajoy ha l’appoggio del Psoe. Sarà anche questo il motivo politico per l’abdicazione: dopo, non si sa cosa potrebbe succedere, vista la crisi del bipolarismo registrata nelle ultime elezioni europee. L’abdicazione in Spagna arriva infatti in extremis, insieme a una serie di crisi: economica, territoriale, sociale e istituzionale. Far coincidere tutti questi problemi con la successione potebbe essere un rischio, spiegano gli esperti. Ma anche un’opportunità. E il primo passo di Felipe VI sarà decisivo per la Corona.

Felipe VI, futuro re.  Suo padre Juan Carlos, poco più di un anno fa, lo aveva definito “il più preparato della storia spagnola”. Felipe, 46 anni, è stato educato con un unico obiettivo: diventare un re. Da anni l’erede di Juan Carlos si preparava per questo momento: a 9 anni diventò principe de Asturias, con un atto ufficiale e un primo discorso pubblico. Laureato in Diritto, un master in Relazioni Internazionali negli Stati Uniti e una carriera nell’Esercito, negli ultimi anni il principe de Asturias, sposato con l’ex giornalista Letizia Ortis, ha duplicato gli appuntamenti nell’agenda ufficiale. Molto più discreto ma anche molto più amato del padre (66,4 per cento dei suoi futuri “sudditi” hanno una opinione positiva del principe) il compito di Felipe non sarà per nulla facile: la prima sfida del nuovo monarca sarà sedersi sul trono e rimanerci. Ma soprattutto riportare in auge il prestigio di una famiglia reale sempre più debole e legittimarne istituzionalmente la presenza, in un Paese molto diverso, rispetto a quarant’anni fa. 

@si_ragu

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