Nella geopolitica di Eurasia, tra i due litiganti, il terzo gode. Nella fattispecie la Cina, abile a inserirsi nelle tensioni ucraine e a strappare un accordo alla Russia sulle forniture di gas naturale. Nulla è ancora nero su bianco, ma una trattativa che si trascina da anni si concluderà probabilmente la prossima settimana, quando Putin e Xi Jinping si incontreranno a Shanghai, in quella che è la prima visita del presidente russo in Cina dall’insediamento del suo omologo (marzo 2013). Nella metropoli sullo Huangpu si terrà infatti un summit sulla sicurezza in Asia e i due pezzi da novanta troveranno il modo di fare quattro chiacchiere a latere. Chiacchiere molto concrete. 

Il viceministro degli Esteri cinese, Cheng Guoping, ha detto che si parlerà di diverse questioni, ma l’accordo trentennale tra Gazprom e la China National Petroleum Corporation (CNPC) la farà da padrone. Prevederà che la Russia fornisca alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno, ma l’amministratore delegato di Gazprom, Alexey Miller, ha già anticipato che potrebbero diventare presto 60 miliardi. La Cina ha importato l’anno scorso 53 miliardi di metri cubi in totale, si può quindi ben dire che la Russia ha ottime possibilità di diventare il fornitore unico di Pechino.

Il viceministro dell’Energia russo, Anatoly Yanovsky, ha dichiarato che l’accordo è “pronto al 98 per cento” e che la fornitura inizierà più tardi entro la fine del 2018. Un’intesa di massima era stata in realtà trovata durante le Olimpiadi di Sochi, a febbraio, quando Xi Jinping fece visita a Putin immediatamente prima delle vicende ucraine, che potrebbero avere accelerato i tempi. Finora, le due parti non si sono mai trovate sui prezzi, nonostante i negoziati durino da più di un decennio. Il quotidiano economico russo Vedomosti ha riportato che si sta discutendo un prezzo compreso tra i 360 e i 400 dollari per mille metri cubi di gas. Ad aprile, la Russia ha quasi raddoppiato il costo del suo gas destinato in Ucraina, da 268,5 dollari a 485,5 per mille metri cubi, mentre Günther Oettinger, commissario europeo all’Energia, ha detto alla Frankfurter Allgemeine Zeitung che un prezzo equo si aggirerebbe tra i 350 e i 380 dollari. 

È evidente il trattamento di favore riservato alla Cina rispetto all’Ucraina – sempre che le indiscrezioni si rivelino fondate – ma il prezzo per Pechino non è poi così scandalosamente basso.

Nella strategia “win-win”, marchio di fabbrica delle relazioni internazionali cinesi, va da sé che ognuno ci debba guadagnare e la Russia sta cercando di diversificare i propri clienti oltre il mercato europeo, dove Gazprom genera attualmente circa l’80 per cento delle sue entrate. Alcuni osservatori si aspettano anche che Putin e Xi assumano una posizione unanime sulle principali questioni internazionali ed è possibile – ma non probabile – che il presidente russo chieda il sostegno della Cina sulla questione ucraina. 

Difficile che la Cina l’accontenti. Il viceministro Cheng ha già anticipato che i due Paesi emetteranno una dichiarazione congiunta sulla cooperazione strategica, ma ha anche aggiunto che la Cina rispetta l’integrità dell’Ucraina: “I problemi che sta affrontando l’Ucraina dovrebbero essere risolti dal popolo ucraino, nel quadro del rispetto dei diversi gruppi e dei loro interessi legittimi”. Una dichiarazione che, dopo tutto, lo stesso Putin potrebbe pienamente apprezzare.

di Gabriele Battaglia

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