B., 25 anni, indonesiana. I ricercatori di Amnesty International l’hanno incontrata nel centro di espulsione di Doha, capitale del Qatar. Aveva ancora, ben visibili sul corpo, i segni lasciati da un ferro da stiro bollente e ferite da coltello su un braccio. 

A renderla in questo modo era stata la signora che l’aveva “assunta” come lavoratrice domestica. Uso le virgolette perché in 17 mesi B. non era stata mai pagata. Lavorava sette giorni alla settimana. Dormiva in uno sgabuzzino, senza chiave. 

Un giorno, approfittando dell’assenza della megera, B. è fuggita dall’appartamento In strada, ha collassato. La polizia l’ha portata in ospedale e, una volta dimessa, l’ha consegnata al centro di espulsione. Non aveva il passaporto, trattenuto dalla padrona.

Angelica, una donna filippina di 49 anni, arriva in Qatar nel 2011 per prestare servizio nella casa di una coppia sposata. Paga inferiore a quanto pattuito, orario di lavoro dalle 5.30 alle 21.30, sette giorni su sette. Non ha amici, non la fanno mai uscire da sola. L’uomo è violento, a volte lancia oggetti contro la moglie.

Agosto 2012. Una notte l’uomo, ubriaco, torna a casa e approfittando dell’assenza della moglie, cerca di stuprare Angelica. Lei si svincola, lui le strappa i vestiti. Lei  cerca di calarsi da una finestra ma cade. Ha le gambe e la spina dorsale rotte. Prima di chiamare l’ambulanza, l’uomo la violenta.

Nonostante i gravissimi danni riportati, il pubblico ministero archivia il caso per “mancanza di prove”. Angelica, nel 2013, torna nelle Filippine da suo marito e dai loro tre figli.

Questa storia è raccontata nel rapporto di Amnesty International sullo sfruttamento delle lavoratrici domestiche straniere in Qatar, pubblicato martedì scorso.

Nel ricco paese del Golfo persico sono impiegate almeno 84.000 lavoratrici domestiche straniere, in buona parte provenienti dall’Asia. Molte di esse, dopo essere state ingannate sul salario e le condizioni di lavoro, sono costrette a seguire orari di lavoro massacranti (anche 100 ore alla settimana, senza giorno libero), violentate, impossibilitate a uscire di casa e a volte vengono rivendute

Di protezioni legali, neanche l’ombra: non sono previsti limiti all’orario di lavoro né il giorno di riposo. Il sistema dello sponsor impedisce di lasciare l’impiego o il paese senza il permesso del datore di lavoro. Tutto questo, insieme al divieto di uscire dall’abitazione senza autorizzazione (pena la denuncia per evasione, l’arresto e l’espulsione), finisce per rendere le lavoratrici domestiche isolate e in balia di datori di lavoro violenti. 

Novantacinque donne su 100 che nel marzo 2013 si trovavano nel centro di espulsione della capitale Doha erano lavoratrici domestiche.

I ricercatori di Amnesty International hanno ascoltato testimonianze scioccanti di violenza: donne schiaffeggiate, tirate per i capelli, colpite con le dita negli occhi, prese a calci e fatte cadere per le scale. Tre donne hanno denunciato di essere state stuprate. Non c’è stato un solo caso in cui chi le ha aggredite sia stato incriminato e condannato.

Le donne che denunciano di aver subito abusi sessuali rischiano anche di essere incriminate per il reato di “relazione illecita”, ossia un rapporto sessuale al di fuori del matrimonio, per il quale è prevista una pena di un anno di carcere seguita dall’espulsione.

Circa il 70 per cento delle detenute della prigione femminile di Doha, nel marzo 2013, era costituito da lavoratrici domestiche: tra queste, vi erano anche donne incinte e 13 mamme coi loro piccoli di età inferiore a due anni.

Un precedente rapporto di Amnesty International ha acceso i riflettori sulla condizione dei lavoratori migranti impiegati nel settore delle costruzioni in vista dei campionati mondiali di calcio del 2022. La discriminazione di genere, la segregazione all’interno delle abitazioni presso cui lavorano e la violenza sessuale rendono la situazione delle lavoratrici domestiche se possibile ancora peggiore.

Negli ultimi anni, il governo ha dichiarato più volte l’intenzione di emanare una legge sul lavoro domestico. Finora, non è successo nulla.

Amnesty International spera che grazie a questo suo rapporto, il Qatar inizi da subito a garantire alle lavoratrici domestiche straniere le protezioni di legge necessarie a tutelare i loro diritti fondamentali.

Articolo Precedente

Assistenza sessuale per disabili: dopo il Ddl, la formazione

next
Articolo Successivo

Liceo Giulio Cesare, leggere un romanzo gay in aula non si può: omofobia o omofollia?

next