Mentre le pressioni di Obama, oggi in visita in Italia, rischiano di rafforzare i “falchi” del Pd contrari al taglio agli F35, la Difesa continua a firmare nuove contratti di acquisizione di cacciabombardieri americani. L’ultimo, annunciato dal Pentagono, è di pochi giorni fa e riguarda l’acquisto dei pezzi di ricambio a lunga consegna (“Long Lead Items”) per i 57 aerei del 9° lotto, tra cui due per l’Italia: il settimo velivolo per l’Aeronautica e il primo F35 a decollo verticale destinato alla portaerei Cavour della Marina.

Si tratta di velivoli che, secondo gli stessi dati contrattuali del Pentagono, la Difesa italiana ha iniziato ad acquisire lo scorso 18 luglio, quindi dopo la mozione parlamentare che bloccava ogni “ulteriore acquisizione“, con la firma di un contratto da 50 milioni di euro per una prima rata dei pezzi di ricambio dell’8° e 9° lotto – che originariamente prevedevano otto aerei, successivamente ridotti nel nuovo cronoprogramma di acquisizione. Secondo fonti ufficiose della Difesa, che finora si è sempre rifiutata di rendere pubblici i contratti, i primi impegni presi dall’Italia su questi due lotti sono invece precedenti alla mozione (2012 per l’8° lotto e inizio 2013 per il 9°) quindi non ricadono nella sospensione e vanno necessariamente portati avanti per evitare penali. Ma anche questa lettura, legata a una tempistica contrattuale tutta da confermare, è duramente contestata da associazioni e politici contrari agli F35, secondo i quali l’acquisto del “primo bullone” non vincola all’acquisto dell’intero velivolo e quindi anche le acquisizioni già avviate possono essere bloccate o disdette.

A rinforzare questa interpretazione c’è la questione delle rimodulazioni dei lotti. “Se possono ridurre il numero di aerei di ogni lotto come hanno fatto per i lotti 8 e 9 – osserva Francesco Vignarca, portavoce della Rete Italiana Disarmo – evidentemente un margine di manovra c’è: noi siamo convinti, finché la Difesa non ci proverà il contrario, che i pagamenti iniziali già fatti per un lotto possano tranquillamente essere redistribuiti sulle rate rimanenti degli aerei già definitivamente ordinati, che per ora sono solo sei, senza nessuna penale. E se la Difesa sostiene che i due lotti che vuole portare avanti, l’8 e il 9, sono basati su impegni contrattuali precedenti la mozione parlamentare, tiri fuori le carte”.

Dopo la pubblicazione della notizia da parte di ilfattoquotidiano.it, il Segretariato generale della Difesa e Direzione nazionale degli armamenti ha diffuso un comunicato: “Nessuna nuova attività contrattuale è stata posta in essere dall’Italia in relazione al lotto di produzione LRIP-9 successivamente all’approvazione delle note mozioni parlamentari. Come anche recentemente affermato dal ministro in Parlamento”.

Ma i documenti, appunto, restano riservati. Finora la Difesa ha dimostrato di essere disposta a rinviare solo la firma del primo contratto relativo agli ulteriori aerei del 10° lotto, che era prevista per febbraio e che per ora è – e rischia di rimanere – l’unico contratto a essere stato effettivamente congelato. L’intenzione delle “colombe” del Pd, capeggiate dal capogruppo in commissione Difesa Giampiero Scanu, è invece di “rinviare ogni attività contrattuale”, quindi anche quella relativa ai lotti 8 e 9 che la Difesa vuole portare avanti, in attesa di una decisione definitiva. Non rimane che aspettare la conclusione ufficiale dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma della commissione Difesa della Camera, il 4 aprile: in quella data si capirà se nel partito di Renzi prevarranno i falchi o le colombe.

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