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Per Renzi quella di ieri non è Caporetto, è Adua!

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Renzi dovrà ricordare la giornata di ieri non come la sua Caporetto, ma come la sua Adua. Infatti quella battaglia, che fu combattuta il 1 marzo 1896 nei dintorni di Adua (Abissinia) tra le forze italiane comandate dal tenente generale Oreste Baratieri, e l’esercito abissino del negus Menelik II viene generalmente ricordata come la “disfatta di Adua”, non solo per le ingentissime perdite in vite umane subite dal nostro esercito (più di 5000 uomini in un solo giorno), ma anche per la incredibile improvvisazione e disorganizzazione tenuta prima e durante la battaglia.

Ebbene, per fortuna Renzi non deve contare vittime umane, ma il disastro politico è di pari portata. Non solo è riuscito (anche lui, dopo Occhetto, D’Alema e Veltroni) a resuscitare un Berlusconi già dato politicamente morto da tutti (soprattutto all’estero), ma è pure riuscito contemporaneamente a spaccare (si spera non irrimediabilmente) il suo partito, a perdere in un colpo solo probabilmente metà dei suoi elettori, e a mettere a rischio il governo Letta e l’alleanza col Nuovo Centrodestra (che sarà perciò costretto a ricompattarsi con Berlusconi).  

Conferma così in pieno i miei timori, dopo la sua schiacciante vittoria per la conquista della segreteria del suo partito, che lui fosse molto sveglio e abile nei classici “botta e risposta” attraverso i quali la gente lo conosce (e quindi lo vota), ma molto meno abile e sveglio quando c’è in gioco la strategia vera, quella indispensabile a vincere le guerre, non solamente le piccole battaglie.

L’accordo, ma soprattutto l’incontro con Berlusconi, è stato l’errore madornale – davvero “impossibile” – per chiunque abbia masticato un po’ di politica vera, diversa dai soliti stucchevoli finti dibattiti televisivi.

Dice Renzi: “Non è mica colpa mia se Forza Italia pende dalle labbra di Berlusconi!”. Certo che no, e non è nemmeno che la disponibilità e le proposte di Forza Italia siano tutte da buttare. Ma non è questo il punto. Il punto è solo che Renzi doveva dire di no a Berlusconi come interlocutore. Doveva pretendere un rappresentante politicamente pulito. Se Forza Italia non riesce a presentarlo sono fatti loro! Anzi, sarebbe stato, politicamente, un ottimo punto a favore del Pd.

Invece la fretta di arrivare ad un accordo, per fare vedere che lui non perde tempo, l’illusione di dimostrarsi pragmatico, e la sua evidente insofferenza al contraddittorio interno, gli ha fatto commettere lo stesso errore del generale Baratieri: è andato all’attacco senza essere adeguatamente preparato e ha sottovalutato persino un avversario che aveva già dimostrato di saper mettere nel sacco i maggiori esponenti storici del suo partito (meno Prodi).

Ha fatto, strategicamente, un errore gravissimo. Che però grazie alla sua giovane età, inesperienza e buoni propositi, potrebbe essere perdonabile. A condizione che lui faccia subito marcia indietro. Può ancora rimediare al disastro riunendo subito il suo Direttivo e mettendo all’ordine del giorno l’unità del partito.

Loro diranno… non importa cosa diranno. Qualsiasi cosa sarà utile per rimettere Berlusconi al suo posto (cioè per davvero ai servizi sociali) e per ripartire sul piede giusto. Se non lo farà, sarà politicamente la sua fine prematura, e segnerà un declino inarrestabile per il suo partito.

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