Se oggi dovessi descrivere la nostra società ai miei nonni o bisnonni, una cosa, credo, non riuscirei a spiegare. Oggi spendiamo molto più denaro e fatica in diete e cure, rispetto a quanto ne usiamo per procurarci da mangiare. Forse il più grande successo (ma solo in Occidente) dell’ultimo secolo è l’aver debellato la fame, ma negli ultimi decenni siamo andati incontro ad un problema antitetico, siamo all’overdose di cibo. Proprio la nutrizione costituisce una delle contraddizioni più aberranti della nostra epoca, a fronte di 842 milioni di persone che soffrono la fame, ci sono circa 1 miliardo e mezzo di obesi. Dati come questo hanno spinto Riccardo Valentini (premio Nobel per la Pace 2007 con l’IPCC) a riflettere sulla necessità di modificare l’attuale sistema di produzione e di consumazione del cibo.

La ricetta di Valentini non si basa su qualche ideologia ambientalista o terzomondista, ma su una constatazione di natura economica: l’attuale sistema è inefficiente e non sostenibile nel lungo periodo, tanto da poter divenire causa di una crisi alimentare profonda nei prossimi decenni. È necessario dunque agire per risolvere i tre paradossi del sistema della produzione alimentare attuale: un terzo della produzione mondiale viene buttata (quantità quadrupla rispetto a quella che servirebbe a relegare la “fame nel mondo” nei libri di storia), una grande percentuale di territorio viene usata per produrre biocarburanti o foraggio per bestiame e la già ricordata compresenza di obesi e persone che soffrono la fame. Sulla base di queste considerazioni è nata la bozza del  Protocollo di Milano (di cui Valentini è relatore), ovvero una traccia da condividere con i cittadini, per vincolare i governi ad adottare alcune azioni concrete, che costituiscano un circolo virtuoso tra produzione, tutela dell’ambiente, nutrizione, salute ed educazione, ma anche democrazia.

È necessario, ricorda sempre il ricercatore, ribaltare la tradizionale stesura di protocolli, discussi negli uffici dell’Onu o dalle diplomazie degli stati ed apre la discussione a tutti. L’obiettivo finale è riuscire a farlo approvare durante l’Expo di Milano, fino a quel momento ci sarà la possibilità di intervenire, attraverso forum online, per dare il proprio contributo. In questo modo si punta ad arrivare all’Expo con l’appoggio di migliaia di cittadini, così da mettere pressione ai governi. In particolare due coincidenze mi spingono a credere che sia necessario che l’Italia assuma un ruolo di leadership in questo processo. La prima è data dalla sede e dalle tematiche legate alla nutrizione scelte per l’expo. È un’occasione che, con la collaborazione di tutti, potrà diventare storica da questo punto di vista. La seconda riguarda i bambini e le bambine italiani. Le statistiche dicono che l’Italia è il paese “meno obeso” d’Europa, ma se limitiamo l’analisi ai più piccoli, balziamo addirittura al primo posto.

Possediamo una cultura del mangiare tra le più ricche e importanti del mondo, ma stiamo perdendo la capacità di trasmetterla alle generazioni più giovani, con effetti devastanti sulla salute e l’ambiente. È quindi necessario applicarsi per recuperare questa situazione, non solo facendo dell’Italia un capofila nelle iniziative di respiro internazionale, ma anche promuovendo all’interno la filosofia della filiera corta, dell’agricoltura biologica, della qualità del prodotto a partire dal processo di produzione e infine attraverso l’educazione. L’applicazione dei semplici concetti contenuti dal Protocollo di Milano, non solo aiuteranno a preservare il territorio in cui viviamo, ma possono essere un contributo indispensabile per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed alleviare le difficoltà economiche delle famiglie italiane.

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