“Il turismo è inchiodato”. “E basta parlare sempre e solo di cultura: 6 turisti su 10 non vanno nelle città d’arte, ma al mare, in montagna o sui laghi”. “E’ ora di passare ai fatti: il ministro dialoga e si è impegnato, e questo va bene. Ma […] è ora di agire”. “Nel decreto Valore Cultura il governo ha dimenticato il turismo”.

A pronunciare queste frasi sferzanti non è stato uno dei pochi oppositori al Governo Letta in circolazione, bensì un collega di partito dello stesso Premier. Si tratta di Maurizio Melucci, assessore al turismo in Emilia Romagna, ma soprattutto coordinatore degli assessori regionali al turismo e dunque punto di riferimento istituzionale di peso sul tema.

A scatenare lo sfogo di Melucci, raccolto ieri da un quotidiano romagnolo, è stata in particolare l’intervista che martedì scorso Bray ha rilasciato al Tg1, nel corso della quale Bray ha romanticamente descritto un bilancio positivo sul turismo nelle città d’arte.

L’intervista del Ministro è stata di fatto la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso, vista la tensione crescente nei rapporti tra le Regioni ed il Ministro della Cultura. Che per ora ha combinato ben poco in materia di turismo, come esplicitamente ha fatto intendere Melucci, se non passi falsi. Basti pensare alla vicenda dell’incorporazione delle politiche turistiche dentro quelle culturali, all’origine di un ingorgo burocratico-istituzionale e del conseguente blocco di 150 milioni di progetti già approvati dal precedente governo.

Il segno che qualcosa al Ministero non sta funzionando pare essere il varo, a ridosso di Ferragosto, di una commissione di saggi, come si evince dalla relativa nota stampa. Leggendola mi è tornato allora in mente un passaggio di una conversazione privata con un politico che purtroppo non c’è più,  Renzo Imbeni, e che più o meno recitava così: «quando vengono varate pompose commissioni, generalmente si brancola nel buio». Speriamo non sia questa la motivazione dell’istituzione della commissione.

Che si dovrà occupare del “rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa”. E in che modo dovrebbe rilanciare il turismo e i beni culturali? Definendo, si legge nel comunicato, “le metodologie più appropriate per armonizzare la tutela, la promozione della cultura e lo sviluppo del turismo, identificando le linee di modernizzazione del Ministero e di tutti gli enti vigilati, con riguardo alle competenze, all’articolazione delle strutture centrali e periferiche e alla innovazione delle procedure.” In soldoni dunque cosa farà? Non si comprende esattamente, ma non c’è da disperare. Perché la commissione è composta da 20 autorevoli esponenti del mondo accademico e della cultura. Professori, direttori, luminari, avvocati generali, sovrintendenti. E il mondo dell’impresa, di quella piccola-media impresa su cui si regge l’economia culturale e turistica del Paese? Rappresentato da un non-imprenditore, espresso da Confindustria: Renzo Iorio, presidente di Federturismo e direttore generale di una catena alberghiera internazionale.

Staremo a vedere cosà saprà produrre questa commissione di grandi teorici. Per ora è consolatorio sapere che nessuno dei componenti percepirà compensi.

@albcrepaldi

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