E’ stata già ribattezzata la maratona del cemento. E’ durata 32 lunghe ore – dalle 16 di martedì 9 aprile alle 24 di mercoledì – l’ultima seduta del Consiglio Comunale di Roma prima dello scioglimento, in vista delle elezioni del 26 e 27 maggio. Un vero e proprio tour de force. Durante il quale il sindaco uscente Gianni Alemanno e la sua maggioranza hanno tentato il tutto per tutto per approvare gli ultimi provvedimenti, con i quali consentire nuove cementificazioni. Il capogruppo Pdl Luca Gramazio ha chiamato a raccolta i suoi con un sms in cui scriveva: “Questa notte andremo ad oltranza, è da matti, infatti, noi siamo i più matti”.  

E anche questa volta le proteste di associazioni e comitati ambientalisti, come Legambiente, Carteinregola e No a Roma Capitale del cemento (che hanno presidiato l’aula Giulio Cesare per tutto il tempo), e di alcuni consiglieri d’opposizione non sono mancate. Il rischio di vedere la capitale coperta da una nuova colata di cemento questa volta era elevato. Anche perché, a campagna elettorale ormai aperta, per Alemanno e i suoi l’approvazione di quelle delibere urbanistiche pro cemento, come sottolineato dal consigliere Pd Athos De Luca, nel corso del dibattito d’aula, “è una questione di vita o di morte”.

“E’ l’ultimo atto di una politica di consumo del suolo selvaggia che non rispetta il territorio”, attacca il presidente di Legambiente Lazio, Lorenzo Parlati. Ma ad indignare è anche la forzatura delle procedure: “Un ordine dei lavori amplissimo – prosegue De Luca – contro ogni correttezza e contro il voto dell’opposizione”. Sono infatti oltre 40 le delibere inserite in discussione, un numero enorme se si pensa che negli ultimi tre mesi l’Assemblea capitolina ne ha approvate 18. E visto che la massiccia presenza in aula dei propri consiglieri, utile a far passare i provvedimenti tanto cari, Alemanno non l’ha mai avuta, si tenta adesso “lo scandaloso e antiregolamentare ricorso alla seconda convocazione (bastano 20 consiglieri per il numero legale)”.

Tra i provvedimenti più temuti c’è la delibera 7/2011, che prevede la demolizione e ricostruzione dell’intero quartiere di Tor Bella Monaca, voluta del sindaco. I “cecchini” della maggioranza, come li chiama qualcuno, ci hanno provato fino all’ultimo, esattamente fino alle 23.45 del 10 aprile (cioè ad un quarto d’ora dalla fine della consiliatura). Ma senza successo. Ed è un misto di rabbia (quella di alcuni consiglieri di maggioranza) e festa (quella di comitati e associazioni ambientaliste), quello che esplode in aula Giulio Cesare, quando il presidente del consiglio Marco Pomarici dichiara chiusa la seduta. Oltre a Tor Bella Monaca – “sarà la prima delibera che faremo se rivinco”, assicura Alemanno – sono state scongiurate almeno altri due pesanti provvedimenti.

Il peggio dunque è stato evitato. Tuttavia, grazie a quest’ultima seduta fiume, nella Roma degli oltre 250mila appartamenti vuoti, nasceranno comunque altri nuovi palazzoni. A uso abitativo, sia chiaro. A Casal Brunori (periferia sud della capitale), ad esempio, sorgeranno ben 200 alloggi. La delibera relativa (la 130/2011), approvata già martedì sera, parla chiaro: “Densificazione, mediante incremento delle capacità edificatorie e cambio di destinazione d’uso verso residenziale”. Riconosciute le compensazioni ai proprietari di alcuni terreni, non più edificabili, a Casal Giudeo (delibera 69/2012). Via libera anche all’ampliamento di 4mila metri quadri di un edificio di proprietà della Banca di credito cooperativo (in cambio realizzerà un parco archeologico). E l’opposizione, rappresentata praticamente solo da quattro consiglieri (Gemma Azuni, Andrea Alzetta, Athos e Pasquale De Luca), non può fare altro che protestare ad alta voce quando inizia la discussione della delibera 70/2012 che prevede “l’approvazione, in variante al Piano regolatore, del programma di trasformazione urbanistica denominato ‘Via Brava’”. Diritti edificatori, ottenuti per una zona, ma rilocalizzati in un’altra – già ampiamente congestionata – per un totale di 150mila metri cubi di residenziale. “Un provvedimento fuori legge – denuncia il consigliere Alzetta –: senza alcuna valutazione d’impatto ambientale, come invece prevede la direttiva europea, recepita anche dall’Italia. Dietro questa delibera non c’è interesse pubblico, l’interesse della città, unico motivo – precisa Alzetta – per una variante al prg, ma solo quello di un costruttore che è anche l’editore di un noto quotidiano romano”. Non si tratta di Caltagirone, ma dell’editore de Il Tempo, Domenico Bonifaci. “E’ per caso un altro finanziatore della campagna elettorale di qualcuno?” si chiede il consigliere Athos De Luca.

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