Il mondo FQ

Django Unchained di Quentin Tarantino libera la fantasia

Icona dei commenti Commenti

Andate a vedere Django Unchained di Quentin Tarantino. E andateci al cinema, possibilmente in un cinema vero, una delle poche sale sopravvissute in città, non in una di quelle multisale così piccole e gelide che ti sembra di entrare in un obitorio. Magari mettetevi in coda, come oggi capita sempre meno, anche quello farà parte dello spettacolo. Django, storia surreale e iperrealista di un’amicizia tra un cacciatore di taglie e uno schiavo nero da lui liberato, è l’omaggio di Tarantino allo spaghetti western, quello di Corbucci e Leone, e, più ancora è il rovesciamento dell’hambuger western, dove “i nostri” diventano squallidi schiavisti, sordidi mercenari, un mondo dove più abietto del razzismo dei padroni c’è solo la piaggeria dei loro servi.

Tutto vero, e al tempo stesso tutto secondario. Come ogni film di Tarantino, si tratti di western, di noir o di guerra, questo è soprattutto (dopo tutto) un film sul cinema. Un centrifugato paralisergico di citazioni, di invenzioni e di orizzonti più grandi non solo della vita ma perfino del cinema stesso, un film d’azione dove la prima sorpresa arriva dal rovesciamento umoristico delle convenzioni. Nessuno schermo è abbastanza grande per contenere Django Unchained; per questo bisogna andare al cinema a vederlo, e per toccare con mano che cosa significa questo amore fisico per il cinema, legato materialmente alla sala e allo schermo prima ancora che a qualsiasi altro fattore “artistico” e immateriale.

Tarantino ci ricorda che il cinema è uno degli ultimi rifugi dell’immaginazione nell’era della riproducibilità tecnica, e dalla standardizzazione emozionale un rifugio sempre più minacciato da quando gli schermi si sono rimpiccioliti, compattati, provincializzati, personalizzati, concentrati nel display di un computer o nel palmo di una mano. Ma più questi schermi sono piccoli e precisi (se sbagli una virgola, conta solo la virgola che hai sbagliato), più si rimpicciolisce anche la fantasia. Che non è fatta di pixel.

C’e un altro schiavo che Tarantino tenta di liberare nel suo film, e quello schiavo è l’immaginazione, ciò che nonostante tutto sfugge agli algoritmi, e oggi è ridotta più o meno come è ridotto Django nella scena iniziale della storia. L’immaginazione che al potere non ci andrà mai, questo è pacifico; ma alla quale, al cinema, possiamo sognare di togliere le catene. E allora, andate a vedere Django. Al cinema.





Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione