Il Vaticano ha avuto il coraggio di ammettere gli abusi sessuali commessi da preti violentatori seriali su bambini sordi all’Istituto Provolo di Verona. E’ il più grande scandalo di pedofilia nella Chiesa italiana: 67 ex allievi sordi hanno avuto il coraggio di denunciare per abusi 25 sacerdoti. Hanno avuto il coraggio della verità, non hanno nascosto i loro nomi, molti nemmeno il loro volto. A viso aperto per bisogno di verità e di giustizia. E hanno vinto.

Tuttavia la svolta nella Chiesa non è di poco conto. Segna una cesura rispetto al passato. Nella politica del Vaticano è, infatti, un vero e proprio strappo rispetto al passato e al predecessore di Papa Ratzinger. Paolo Giovanni II era molto più propenso a coprire gli atti criminali dei preti pedofili. La svolta è chiara, ma porta con sé più di un neo. Nell’ammettere le colpe, la Congregazione della fede non ha voluto prendere provvedimenti secondo giustizia contro i colpevoli. Nessuno è stato spretato, nessuno viene cacciato dalla Chiesa, solo insignificanti pene, come abolire i contatti con bambini o attenta sorveglianza da parte della Curia di Verona. Che è bene ricordare: inizialmente ha coperto questi preti. Oppure si è evitata anche la semplice censura perché è vecchio e malato. E’ pur vero che la giustizia non ammette vendette, ma una giusta pena sì.

A quei bambini sordi, spesso abbandonati dalle famiglie in un’Italia ancora contadina, appena uscita dalla guerra, dove sfamare una bocca in più diventava un enorme sacrificio, si è tolta l’infanzia e, molto più spesso, il futuro di una vita normale. Come chiedevano semplicemente. In quell’Istituto di carità veronese loro cercavano un futuro, hanno invece trovato le violenze più torbide. Quasi tutti, a distanza di anni, portano dentro di loro i segni degli abusi di quegli anni. Alcuni convivono con quel trauma, altri non ce l’hanno fatta, nessuno ha dimenticato. Quei preti non hanno avuto clemenza di quei bambini, il Vaticano ne ha avuto in abbondanza con coloro che hanno insudiciato l’abito talare. E non è ancora in grado di comminare la giusta pena.

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