Chi è affetto da sclerosi multipla presenta anche la sindrome che va sotto il nome di insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi), una malformazione che impedisce il deflusso del sangue dal cervello e che talvolta provoca dei ristagni all’interno del cranio. Inoltre ripristinando il corretto flusso sanguigno, i benefici per i pazienti (tra cui miglior qualità di vita, recupero del tono muscolare e ripresa dell’attività fisica registrabili già 9 mesi dopo l’intervento) riguardano chi presenta solo la malformazione venosa, ma anche chi è affetto da sclerosi multipla.

Lo affermano due studi recenti con cui la onlus Ccsvi nella sclerosi multipla risponde a un documento della Regione Lombardia. Si tratta di una presa di posizione che risale alla metà di giugno e con cui dice che “non esistono al momento prove definitive” della compresenza delle due malattie né della riduzione con la chirurgia vascolare di ricadute e disabilità. Per cui, aggiunge il testo del Pirellone, prima di dare il nulla osta a sperimentazioni sull’utilizzo dell’angioplastica venosa, si attendono i risultati dello studio Cosmo promosso dalla Fondazione italiana sclerosi multipla e condotto su circa 2 mila persona.

“Le prove definitive esistono già”, ribattono dalla onlus che ha come presidente onorario Nicoletta Mantovani. E ulteriori prove sono contenute, secondo l’associazione non profit, nei due studi presentati oggi al Cnr di Bologna. Il primo, in via di pubblicazione sulla rivista International Angiology, è firmato da Pietro Maria Bavera, responsabile del servizio di angiologia e chirurgia vascolare della Fondazione Don Gnocchi di Milano. Il secondo, invece, riguarda un’analisi elaborata dalla Società internazionale malattie neurovascolari e pubblicata lo scorso 28 aprile.

“Non si può affermare che manchino evidenze scientifiche: la Ccsvi è una patologia a carico delle vene e nei casi di sclerosi multipla è presente con un’incidenza superiore al 90%”. Lo afferma Gisella Pandolfi, presidente nazionale dell’associazione, ad apertura di una conferenza stampa. E con lei lo ribadiscono, oltre allo stesso Bavera, Giampiero Avruscio, direttore del reparto di medicina specialistica e responsabile del servizio di angiologia dell’ospedale Sant’Antonio di Padova, e Pierfrancesco Veroux, direttore del settore di chirurgia vascolare del policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

Lo fanno alla vigilia dell’avvio del progetto “Brave dreams” (acronimo di Brain venous drainage exploited against multiple sclerosis), quello coordinato a Ferrara da Paolo Zamboni, il chirurgo vascolare dell’azienda ospedaliera cittadina che ha scoperto l’insufficienza venosa a cui vengono attribuiti danni celebrali anche estesi. Ed è anche il progetto di sperimentazione finanziato per oltre 2 milioni di euro dalla Regione Emilia Romagna e che prevederà il coinvolgimento di 685 pazienti con entrambe le patologie.

“Di insufficienza venosa cronica ho iniziato a occuparmi due anni fa”, spiega Pietro Maria Bavera, l’autore di uno dei due recentissimi studi. “Dalla fine del 2010 ho preso in considerazione per un anno 823 pazienti con sclerosi multipla che intanto sono diventati oltre 1300. Ho utilizzato due ecografi differenti per evitare ombre legate alla strumentazione e nel 90% dei casi ho notato anomalie venose. In base ai risultati ottenuti sui pazienti sottoposti ad angioplastica, ho registrato anche miglioramenti dei sintomi interessanti: tra i principali, regressione delle cefalee nel 77% per cento, della stanchezza nell’87 e della disabilità motoria nel 96,7. È innegabile che la Ccsvi esista e che intervenire sulla malformazione vascolare porta a risultati positivi”.

“Si tratta di diagnosticare e rimuovere ostacoli al deflusso sanguigno dal cervello”, aggiunge il medico catanese Pierfrancesco Veroux. “Tredici anni di studi scientifici dicono che in mani esperte la patologia può essere rilevata usando metodi diagnostici come l’ecocolor dopler e la flebografia, che devono essere eseguiti da mani esperte. Così si individuano le stenosi, cioè i restringimenti venosi e i blocchi valvolari, e vengono validati i risultati del metodi Zamboni sull’esistenza della malattia. Inoltre centinaia di angioplastiche evidenziano benefici anche nelle disabilità provocate dalla sclerosi multipla. Dunque una loro parte può non essere provocata solo dalle placche tipiche della malattia”.

Giampiero Avruscio del Sant’Antonio di Padova aggiunge che “l’Uip, l’Unione internazionale di flebologia, nel 2009 inserisce la Ccsvi nelle malformazioni congenite. Inoltre in letteratura ci sono studi sulle anomalie venose fin dal 1975, come dimostra un articolo di Acta Radiologica. Abbiamo poi studi che confermano la compresenza di Ccsvi e sclerosi multipla in quasi la totalità dei casi mentre è dimostrato che chi ha la prima malattia può sviluppare la seconda con una frequenza di 9 volte più elevata di chi non ne è affetto. Per questo nel 2010 il ministero della salute ha disposto di continuare la ricerca secondo protocolli e criteri condivisi. E su questa linea si sono orientati la Regione Veneto e il comitato etico di Padova”.

Per suffragare le loro parole, i medici italiani riuniti a Bologna citano studi eseguiti negli Stati Uniti, in Canada, Belgio, Polonia, Bulgaria, Serbia, Libano e Georgia. “Gli autori”, commentano dall’associazione Ccsvi nella sclerosi multipla, “hanno trovato una prevalenza molto elevata di anomalie venose in pazienti con sm, dal 92,3% al 100%”. E aggiungono: “Noi questo affermiamo e vogliamo: che si prenda atto della ricerca internazionale fin qui compiuta e in continua evoluzione, in un confronto sereno e serio. Ricordiamo che i malati di sclerosi multipla sono oltre 60 mila in Italia e 2 milioni e mezzo nel mondo. Per la maggior parte giovani adulti, due su tre donne”.

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