Google ha pubblicato la nuova versione del suo transparency report, che mostra tutti i dati relativi alle attività del motore di ricerca americano. La nuova edizione ha una maggiore leggibilità e, in particolare, contiene dati più dettagliati riguardo le richieste di rimozione di pagine che violano il copyright. Emerge come il gigante della Silicon Valley abbia ricevuto, nel solo mese in corso, denunce relative a 1.246.713 di indirizzi url che violerebbero il diritto d’autore. Più di 250mila a settimana.

L’eliminazione dei risultati a seguito delle denunce da parte dei titolari del diritto d’autore è stata introdotta negli Stati Uniti sulla base del Dmca (Digital Millennium Copyright Act) del 1998. Entrando nei dettagli, si scopre che la società più attiva nel richiedere la cancellazione di risultati è Microsoft, che nel mese in corso ha già denunciato 543.378 pagine Web che violerebbero copyright di cui è titolare. Scendendo nella classifica ci sono Recording Industry Association of America (associazione americana dell’industria discografica) con 33.462 url segnalate e il gigante del cinema Paramount con “sole” 10.245 contestazioni.

Il dato più curioso riguarda il fatto che raramente i detentori dei diritti agiscono direttamente per ottenere la rimozione dei risultati dal motore di ricerca. Le procedure di denuncia sono invece affidate a società specializzate nell’analisi dei contenuti online. La parte del leone la fa Marketly, che rappresenta Microsoft, seguita da altri “cacciatori di pirati” come Degban, DtecNet, Takedown Piracy e Removeyourcontent. Nelle pagine del report, Google elenca anche le richieste ricevute da parte delle autorità governative per avere accesso ai dati degli utenti. Si tratta di richieste provenienti dalle agenzie governative e dai tribunali di tutto il mondo, emesse sulla scorta di indagini e procedure giudiziarie. In questo caso, però, le informazioni sono aggiornate al primo semestre del 2011 e la loro “trasparenza” è piuttosto discutibile. Nell’elenco, infatti, non figurano paesi come Cina, Barhain, Myanmar, Iran e simili. Tra i paesi inclusi nel report il record spetta agli Stati Uniti, con 5.950 richieste, mentre l’Italia ha inoltrato a Google solo 934 richieste di informazioni.

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