L’Unione europea non diventerà mai gli Stati uniti d’Europa”. Nel giorno della festa del Vecchio continente unito il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, parla all’Europarlamento delle diverità non conciliabili tra storie di paesi diversi. “Non penso” che succederà, ha detto, rispondendo ad una domanda, “ci sono 27 o 28 Paesi membri, con la Croazia (che entrerà il prossimo anno, ndr), ogni Paese ha la sua storia, alcuni hanno una storia di 200 anni, come il Belgio, e altri hanno una storia di migliaia di anni, dunque non siamo come uno stato americano”.

La riflessione di van Rompuy però nel giorno in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera,  il primo ministro inglese David Cameron, con un’intervista, chiedono più unità. L’integrazione Ue non si può fermare “alle politiche di bilancio” ma deve “promuovere convergenze tra le economie” per una “più intensa e sostenibile crescita. E tutto ciò richiede il superamento di ogni remora allo sviluppo dell’unione politica, assicurandone anche le indispensabili basi istituzionali. Oggi è la forza delle cose, degli stessi progressi già compiuti su quella strada e dei radicali mutamenti intervenuti nel quadro mondiale, a porci l’imperativo di un balzo in avanti dell’Europa unita, secondo l’originaria ispirazione democratica e federale” dice il capo dello Stato in un messaggio inviato in occasione della “Conferenza sullo stato dell’Unione 2012”, promossa dall’Istituto Universitario Europeo e in svolgimento a Firenze. “La crisi dell’eurozona ha condotto le istituzioni europee e i governi degli stati membri a spostare in avanti le frontiere delle decisioni e responsabilità comuni. Ma l’avanzamento del processo di integrazione non si può fermare alla sfera delle politiche di bilancio per fini di consolidamento fiscale e di stabilizzazione finanziaria. Esso deve mirare a promuovere convergenze tra le economie, prospettive di rinnovata, più intensa e sostenibile crescita su scala europea. E tutto ciò richiede il superamento di ogni remora allo sviluppo dell’unione politica, assicurandone anche le indispensabili basi istituzionali. Sessantadue anni fa – continua Napolitano – la forza dell’ideale europeo e una visione lungimirante dei destini del nostro continente indussero un gruppo di illuminati statisti a dichiarare la nascita del progetto di integrazione. Oggi è la forza delle cose, degli stessi progressi già compiuti su quella strada e dei radicali mutamenti intervenuti nel quadro mondiale, a porci l’imperativo di un balzo in avanti dell’Europa unita, secondo l’originaria ispirazione democratica e federale. Questa la sola alternativa – conclude il capo dello Stato – a una drammatica perdita di rilevanza di ogni nostro singolo paese e del nostro continente nel suo insieme”.

Il primo ministro britannico,  in una intervista al Daily Mail, ha riflettutto che “la riuscita dell’Eurozona richiede un governo unico. In nessuna parte del mondo c’è una valuta unica senza un governo unico. Per far senso, i paesi dell’Eurozona dovrebbero avere una politica economica molto più coordinata e una politica del debito più coordinata”. Il primo ministro che l’anno scorso a Bruxelles ha posto il veto di Londra al fiscal compact ha ribadito che la Gran Bretagna vuole vedere un ritorno alla crescita nei paesi dell’area dell’Euro dove è diretto il 40 per cento delle esportazioni britanniche. 

 

 

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