Da New York il presidente del consiglio Mario Monti fa sapere di non essere “affatto preoccupato”, ma sul disegno di legge sulle privatizzazioni  incombono oltre duemila emendamenti, che potrebbero sfigurare una delle riforme cardine volute dal governo per favorire lo sviluppo economico.

In Commissione industria al Senato sono stati depositati 2.400 emendamenti, alcuni dei quali firmati addirittura dagli stessi relatori del ddl,  Filippo Bubbico (Pd) e Simona Vicari (Pdl), sulla cui ammissibilità la commissione si pronuncerà la prossima settimana, prima di dare il via alla discussione e alla votazione. Dal governo era arrivata un’apertura verso proposte correttive di Pdl, Pd e Udc, ma se il testo dovesse uscirne stravolto è probabile il ricorso al voto di fiducia.

“Troppe categorie e troppe corporazioni stanno assediando i partiti”, è il commento del leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. “Noi chiediamo ai partiti che sostengono il governo di resistere a queste spinte corporative, perché se ciascuno fa cassa di risonanza alle spinte corporative, le liberalizzazioni si impantanano. Frenare sulle liberalizzazioni significa non avere capito nulla della fase politica che abbiamo cominciato con Monti. Andiamo avanti e non freniamo”.

Dal fronte del Pdl, il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri afferma che il partito berlusconiano intende  “rafforzare il decreto sulle liberalizzazioni”. Secondo Gasparri, “il numero degli emendamenti non deve impressionare. Dopo il vaglio dell’ammissibilità e la verifica sugli emendamenti analoghi presentati da diversi parlamentari sulla stessa questione il numero calerà”. Alcune correzioni sono però “indispensabili”  per migliorare un decreto composto “da 98 articoli che toccano qualsiasi settore o materia”.

Tra le modifiche proposte invece dal Terzo polo c’è l’abbassamento al 4% dell’Iva per gli e-book. L’ipotesi del voto di fiducia vede la netta contrarietà dell’Idv: “Mi auguro che si tratti di una boutade”, afferma il capogruppo dell’Italia dei Valori in Senato, Felice Belisario. “Il decreto va assolutamente corretto in Parlamento, perché è troppo debole verso le grandi lobby e gli oligopoli, a danno dei cittadini. Bisogna intervenire su banche, assicurazioni, mercato dell’energia, trasporti, solo così si aprirà davvero il mercato alla concorrenza”.

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