Meno tasse, meno centralismo, meno spesa pubblica. Il programma non è quello della Lega Nord, né tanto meno quello del Movimento 5 Stelle. A tappezzare Lombardia, Piemonte, Veneto e l’Emilia di cartelloni che sostengono, non senza ironia, “Non rubare: lo Stato odia la concorrenza” sono i Tea Party in salsa italiana. Un movimento inedito nel panorama politico del continente che prende ispirazione dal più noto (e ambiguo) movimento Tea Party statunitense, quello dell’ex candidata alla vicepresidenza Usa Sarah Palin e dell’ultraconservatore e commentatore della Fox Glenn Beck tanto per intenderci, che dalle scorse presidenziali tengono sotto pressione con populismo e infelice estremismo il partito Repubblicano.

Ma quello nato a Prato nel 2010 non sembra voler avere niente a che fare con il suo omologo a stelle e strisce, anzi: nessuna agenda sull’aborto né istruzioni su come deve comportarsi il perfetto cattolico. Solo un motto, “Meno tasse e più libero mercato”.

Da due anni, quindi, i Tea partier italiani si sono organizzati, hanno registrato un marchio- Tea Party Italia- e si sono messi a battere tutte le regioni del produttivo nord in cerca di consensi. E, manco a dirlo, li hanno trovati. Commercialisti, notai, avvocati, imprenditori, liberi professionisti. Ma anche, a loro dire, pensionati e studenti che, di tasse, non ne vogliono sentire più parlare.

Nella sola Emilia Romagna, in meno di un anno, hanno messo insieme una cosa come 20 sostenitori per provincia, da Piacenza a Rimini, e si dicono pronti a girare di Municipio in Municipio per far passare la loro linea. “Ma ben attenti- avverte tra un paziente e l’altro la coordinatrice regionale, Cinzia Camorali, di professione medico odontoiatra- non siamo un movimento politico”. E già, i liberali, liberisti e conservatori Tea partier non vogliono buttarla “in politichese” ma agire come “gruppo di pressione” sui politici, consiglieri comunali, parlamentari, sindaci e influenzarne- per quanto in loro potere- l’ordine del giorno su un’agenda che ha “meno tasse” come primo e unico punto.

“L’obiettivo- come precisa il coordinatore nazionale, David Mazzarelli- è quello di fare approvare in ogni consiglio comunale la nostra mozione contro l’Imu, tassa iniqua che punisce indiscriminatamente i cittadini italiani”. Secondo Mazzarelli, infatti, la mozione potrebbe vincolare le amministrazioni locali ad abbassare l’aliquota Imu sulla prima casa dallo 0,4 allo 0,2% visto che è proprio a discrezione dei Comuni il ribasso o il rialzo (fino allo 0,6%) della nuova tassa sugli immobili. E i consigli comunali in procinto di promuovere questa mozione sono già diciassette, 10 in Lombardia e 7 nella “rossa” Toscana.

Il movimento sta quindi attraversando l’Italia cercando di aprire coordinamenti in ogni regione (prossimi obiettivi, Puglia e Marche) visto che ormai “il nord è coperto” e in cantiere si sono già messi diversi appuntamenti con le realtà locali- a partire da Parma- per promuovere e propagare il verbo “no tax”.

E ad essere attratti dai Tea Party Italia non è solo gente comune: Pdl, Lega e Terzo polo sembrano stuzzicate dall’idea di flirtare con il movimento di Prato a partire dalla prossima tornata elettorale. “Ma noi non presenteremo un simbolo alle elezioni- ammette Mazzarelli- solo persone che si faranno portatrici delle nostre istanze”. Specchio del malcontento da sovratassazione o radicalismo di protesta? In entrambi i casi i Tea Party Italia mietono consensi là dove il centrodestra ha fallito la propria battaglia liberale.

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