Barricata bipartisan nella “rossa” Emilia Romagna, come già  avvenuto in Lombardia, per difendere i vitalizi. Giusto un anno fa la Regione finì sulle pagine dei giornali per aver dato il via libera all’abolizione del contestato emolumento. Peccato che la cancellazione approvata lo scorso inverno sarà valida solo a partire dalla prossima legislatura e che, per ora, gli eletti che già siedono in viale Aldo Moro non sembrano intenzionati a rinunciare all’assegno. Come dire: ci penserà qualcun altro. Di fronte alle proposte presentate oggi dal Movimento cinque stelle, per ridurre i costi della politica, centrosinistra e centrodestra hanno infatti votato compatti per il “no”.

Quattro in totale gli emendamenti contro cui si sono scagliati gli esponenti di tutti gli schieramenti politici, dal Pd al Pdl, con le sole eccezioni dell’ex consigliere del’Idv Matteo Riva, dell’Udc e di alcuni consiglieri della Lega Nord che hanno preferito astenersi, al contrario della posizione nettamente a favore a livello nazionale di Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. Il primo prevedeva l’innalzamento dell’età per percepire l’assegno, portandola da 60 a 67 anni. “Non vedo perché gli ex-consiglieri regionali debbano cominciare a intascare l’assegno già a 60 anni, quando agli altri lavoratori è richiesto di arrivare, praticamente, a 67” ha spiegato il consigliere del Movimento Giovanni Favia. Un altro chiedeva di introdurre un “prelievo di solidarietà” pari al 25% sui vitalizi erogati dall’Emilia Romagna, da trasferire al fondo regionale per la non autosufficienza e per le persone con disabilità grave. Ma ad attirare gli strali dell’aula sono state in particolare due richieste: l’introduzione del divieto di cumulare diversi assegni per chi è stato seduto anche in Parlamento e per chi è stato europarlamentare (oggi consentito) e il taglio del vitalizio per chi ricopre altri incarichi pubblici retribuiti.

Proprio su questi ultimi due punti si è scatenata un’accesa discussione che presto ha assunto i toni di una bagarre, con la quasi totalità dei presenti determinata a rispedire la proposta al mittente. C’è stato chi, come il consigliere del Pd Luciano Vecchi, ha tirato fuori motivazioni tecniche, legate alle competenze attribuite ai diversi organi: “La norma è inapplicabile perché interferisce con altri livelli istituzionali”. Chi, come Franco Grillini dell’Idv (ex deputato) ha invitato a non scadere “nella demagogia di bassissimo livello”. E chi ha chiesto di depennare la questione una volta per tutte : “Dobbiamo calare il sipario sui vitalizi, dal momento che li abbiamo già aboliti l’anno scorso” ha detto il pidiellino Andrea Pollastri. E poi, ha aggiunto, l’Emilia Romagna è una delle Regioni più virtuose in materia di costi della politica. Insomma, il concetto è chiaro: la nostra parte l’abbiamo già fatta.

Una pioggia di “no”, dunque. E non solo sugli emendamenti. Perché le critiche sono andate anche agli esponenti del Movimento cinque stelle e alle loro attività. Il capogruppo leghista Mauro Manfredini si è sfogato lasciandosi andare ad espressioni non particolarmente ricercate: “Mi sono rotto i coglioni di questo buonismo. La vostra riduzione di stipendio è fasulla: prendete tutti i soldi e li mettete in un angolino”. Gli ha fatto eco Gian Guido Naldi, consigliere di Sel: “Anch’io, come voi, do una parte della mia busta paga al partito. Ma la mia donazione è trasparente, la vostra invece non so”. Mentre secondo Marco Lombardi, del Pdl, Favia e De Franceschi “sono capaci solo di fare propaganda”. Tra le poche voci fuori dal coro quella di Silvia Noè, dell’Udc, che ha invitato il movimento a discutere l’argomento formulando insieme una proposta di legge per la riduzione delle indennità e del numero dei consiglieri regionali.

“È vergognoso – si è difeso Favia fuori dall’aula – quando si toccano le tasche diventano matti. Tutto l’emiciclo si è rivoltato contro e invece che rispondere nel merito, hanno cercato in tutti i modi di delegittimarci. Ma è chiaro che attaccano noi perché vogliono sfuggire al tema”.

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