Ieri si è tenuta l’udienza relativa al caso della Marlane Marzotto, lo stabilimento tessile di Praia a Mare (Cosenza) al centro di una vicenda giudiziaria per le presunte responsabilità dell’azienda in oltre 50 morti e altrettanti casi di tumori.

I decessi e le malattie sarebbero stati causati, secondo l’accusa, dalle ammine aromatiche dei coloranti e dall’amianto sprigionato dai freni dei telai che i lavoratori respiravano senza alcuna protezione.

Una storia che, dopo 15 anni di indagini, stenta a trovare visibilità mediatica, nonostante le numerose testimonianze degli operai, i dati statistici che rivelano all’interno della fabbrica un’incidenza di tumori significativamente superiore rispetto al dato regionale (4% contro 0,003% secondo una perizia tecnica del 2008) e l’accusa, oltre a quella di omicidio colposo, di disastro ambientale, per i rifiuti tossici rinvenuti da un’unità del Nucleo Operativo Ecologico nell’area circostante lo stabilimento.

Una vicenda che continua a passare sotto silenzio anche dopo l’intenzione manifestata dai legali delle famiglie di chiedere la trasformazione del capo di imputazione da omicidio colposo a omicidio volontario con dolo eventuale, come è stato per gli operai della Thyssen.

L’ultima udienza, il 24 giugno scorso, si era limitata a stabilire il rinvio al 7 ottobre. Oggi si sperava avvesse inizio la fase dibattimentale. Invece il processo è stato nuovamente rimandato al 28 ottobre prossimo per legittimo impedimento di uno degli imputati.

Ancora una volta lontano dai riflettori. Alcune morti valgono meno di altre.

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