I maroniani avanzano. Domenica nell’elezione del segretario provinciale della Lega Nord di Brescia ha vinto infatti il vicesindaco della città, Fabio Rolfi, candidato considerato vicino all’area che fa riferimento al ministro Roberto Maroni. Rolfi ha vinto con 255 preferenze su 434, sbaragliando la concorrenza del candidato bossiano Mattia Capitano, che di voti ne ha incassati 176. Ma non è una questione di numeri o di volti emergenti. L’interesse nella vicenda è tutto legato al futuro del partito, che va delineandosi proprio in questi frangenti e che, più di tanti altri movimenti, va letto anche nelle sue evoluzioni più locali. Sono le correnti leghiste che si misurano. Ieri a Brescia, domenica prossima a Varese: si fanno largo a livello provinciale per conquistare, a catena, il controllo di tutto il partito.

Ma guai a parlare di divisioni e spaccature. Nel capoluogo bresciano il trentaquattrenne neosegretario provinciale ripete la lezione, allontanando le ombre delle lotte intestine: “La Lega è un partito democratico – ha dichiarato Rolfi a Brescia Oggi -. Le correnti sono fantasie giornalistiche. Noi ascoltiamo ogni posizione, la rielaboriamo e troviamo sempre un punto di incontro che possa far crescere il movimento. Anche nella corsa alla segreteria è successo questo. Nulla di più”.

Stessa linea adottata anche dal cerchiomagista Mattia Capitano, che soffoca le voci di dissenso: “Ci abbiamo provato. Sapevo che mi sarei scontrato con il numero uno di Brescia. Da oggi si volterà pagina, lavorando uniti per il bene della Lega Nord e della Padania”. Sarà, ma le sensazioni vanno in una direzione ostinatamente opposta. Del resto Brescia è la provincia che ha fatto eleggere il giovane Renzo Bossi alle regionali del 2010, quelle macchiate dal caso di dossieraggio che vede indagata l’assessore regionale leghista Monica Rizzi. Una vicenda, quella del Trota e degli aiutini che lo hanno portato al Pirellone, che i militanti non hanno mandato giù facilmente e che in molti indicano come la madre di tutti i problemi.

Dopo la vittoria maroniana a Brescia si guarda con estrema attenzione anche all’evoluzione della situazione in provincia di Varese. Terra di grandi nomi per il Carroccio e patria di tutte le divisioni. Di Varese è il cosiddetto “cerchio magico”, il gruppo di potere costruito attorno a Umberto Bossi e gestito direttamente da Gemonio dalla famiglia e dai fedelissimi. Di Varese è anche il capo della fazione opposta, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Su questo territorio gravitano nomi pesanti per il partito, da Rosy Mauro a Marco Reguzzoni passando per Giancarlo Giorgetti. Facile capire il perché dell’importanza della sfida di domenica prossima.

Da settimane circolano indiscrezioni e ipotesi. È tutto un continuo di telefonate, raccolte di firme e riunioni carbonare. Sembra che le forze in campo siano addirittura tre. Una maroniana (Leonardo Tarantino), una cerchiomagista (Maurilio Canton) e una vicina al senatore Fabio Rizzi (Donato Castiglioni), terzo incomodo, che in provincia ha fatto il segretario prima dell’elezione a Palazzo Madama. Poco contano i nomi, sono personaggi di seconda linea, che rispondono direttamente ai vertici nazionali del partito. A sei giorni dal voto il peso delle correnti è già stato determinato. Sembra che la metà dei circa trecento delegati sia saldamente in mano ai maroniani. Il trenta per cento è controllato dal cerchio magico e la parte rimanente fa capo al senatore Rizzi. Insomma, si va profilando un nuovo successo per Bobo Maroni.

Resta però l’ipotesi che nelle prossime ore Bossi possa imporre un candidato unico, proprio per allontanare lo spettro delle spaccature e delle divisioni interne. Una scelta, quest’ultima, che darebbe la conferma della debolezza del leader. Costretto a nascondersi dietro un’autorità che ormai i militanti non sembrano più volergli riconoscere.

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